Rassegna storica del Risorgimento

SOCIET? ITALIANA DI MUTUO SOCCORSO ARGENTINA
anno <1987>   pagina <69>
immagine non disponibile

Libri e periodici
69
vita consacrata alla politica, non gli riuscì di ottenere di più della carica di preadente della Giunta parlamentare del bilancio .
Di La Porta ed in questo abbiamo sempre ritrovato la misura del personaggio personalmente ci ha colpito e ci ha fatto riflettere una frase scritta a Crispi nel 1866: la Camera, per La Porta deputato di Girgenti. doveva essere utilizzata come fabbrica di demolizione degli avversari.
VINCENZO G. PACIFICI
G. Di CAPUA, Onofrio Pacelli. Contributo alla storia del Risorgimento nel Salernitano', Salerno, Ed. Cantelmi, 1985, in 8, pp. 87. L. 10.000.
L'unificazione della penisola italiana, come è noto, non fu soltanto un fatto politico militare-diplomatico, ma anche un fatto ideale e un dramma umano da parte di quanti, più- condividendo l'ambizioso progetto, furono costretti a sacrificare sull'altare della ragione unitaria gran parte delle loro speranze e delle loro convinzioni.
Sono queste, sostanzialmente, le linee di fondo su cui si muove la densa monografìa di G. Di Capua su Onofrio Pacelli, che nato a Ricigliano il 4 novembre 1831, mentre Mazzini a Marsiglia fondava la Giovine Italia, mori a Napoli il 24 gennaio 1905 mentre Gio-litti stava per lasciare la guida del governo nelle mani del romagnolo Alessandro Fortis. Questi pochi dati sono sufficienti per comprendere il periodo storico nel quale il Pacelli operò e nel quale non cessò mai di preferire il modello repubblicano di Stato a quello monarchico, convinto come era che non vi poteva essere un vero Risorgimento senza portare il dovuto rispetto alla storia, alla cultura e alle tradizioni secolari delle regioni italiane.
Con l'agile volumetto, pubblicato a cura del Comune di Ricigliano, la figura di Onofrio Pacelli esce dal ristretto campo delle glorie locali per entrare in quello più vasto della storia politica italiana.
Sarebbe stato opportuno che l'Autore avesse insistito ulteriormente sui contatti e sui rapporti del Pacelli con gli intellettuali meridionali più lontani da lui per sottolinearne meglio la diversità politica, la ferrea statura morale e l'originalità delle sue posizioni, ma forse questo andava oltre il suo progetto che era quello di rendere un doveroso, postumo omaggio alla memoria di chi, per tutta la vita, difese i suoi ideali senza esitazioni o pentimenti, anche quando, di questa appassionata resistenza, ebbe a soffrire nel corpo e nello spirito .
In conclusione, il lavoro è un importante contributo alla storia del Risorgimento italiano, e non solo del Salernitano, fatto, senza dubbio, con grande passione civica, ma anche con' grande oculatezza e obiettività, considerando i numerosi documenti archivistici, per lo più inediti, che riproduce integralmente nelle note o in appendice.
ADELMO MARINO
ANTONIO CARDINI, Antonio De Viti De Marco. La democrazia incompiuta. 1858-1943; Bari, Laterza, 1985, in 8, pp. xn-386. L. 43.000.
Pubblicato opportunamente e suggestivamente nella medesima collezione di studi meridionali nella quale nel 1930 Zanotti Bianco aveva ospitato Un trentennio di lotte polìtiche 1894-1922 curato di persona da De Viti alla vigìlia del suo rifiuto del giuramento fascista, questo volume pone subito un problema capitale, al di là dei molti intelligenti spunti e suggerimenti che non si mancheranno di cogliere e segnalare nel breve ambito consentito ad una recensione, quello cioè della dislocazione del Nostro fra Einaudi e Salvemini in una posizione del tutto particolare, il cui chiarimento è peraltro preliminare all'intelligenza del non facile personaggio.
Che cosa, infatti, lo separò per lunghissimi anni, fino al fascismo inoltrato, da un Einaudi la cui * filosofia sociale risultava a prima vista così a (line all'impostazione pole­mica e costruttiva di De Viti, specialmente nella prospettiva della lotta inflessibile ai privilegi, che non a caso fu fatta incondizionatamente propria da Ernesto Rossi a mediare con straordinaria efficacia tra 1 due maestri?