Rassegna storica del Risorgimento
SOCIET? ITALIANA DI MUTUO SOCCORSO ARGENTINA
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1987
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71
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Libri e periodici
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Il quinquennio di fine secolo ribadisce anche da questo punto di vista JI suo valore e significato di spartiacque decisivo, non tanto in riferimento alla mancata valorizzazione del forse oggi sopravvalutato esperimento Rudinì (da cui comunque il Nostro non mostra di essere stato minimamente suggestionato, vedendovi, com'è probabile, sullo sfondo un'altra delle sue bestie nere. Luzzatti), quanto a quella dell'opposizione a Pelloux ed a Sonnino (ed anche a Colombo, come oggi si è portati a trascurare di sottolineare) donde scaturì non il grande movimento d'opinione liberaldemocratica che era nelle aspettative degli economisti, bensì un trionfo meramente formale del Parlamento, in cui socialismo e radicalismo impantanassero quel poco di rivoluzionario che era civilmente e culturalmente in loro, e Giolitti potesse edificare senza sostanziali contrasti ciò che agli economisti non poteva non apparire che una pessima copia del new deal tratteggiato attraverso le cronache di Francesco Papafava.
A questo Parlamento, col nuovo secolo, De Viti fornisce il suo personale contributo, in senso decisamente meridionalistico e perciò antiprotezionista e quindi antigiolittiano, un'identificazione prontissima con Salvemini ma anche con certo socialismo rivoluzionario all'Arturo Labriola che non poteva non prendere forma senza qualche ambiguità, soprattutto in presenza dell'altrettanto risoluta scelta di campo che in senso opposto era stata compiuta dal Nltti, a non parlare di Colajanni.
L'incentivazione statale allo svolgimento dell'economia privata mediante la diffusione dei consumi, la divisione del lavoro e l'avanzamento tecnologico si ponevano per De Viti al centro della piattaforma meridionalistica del riformismo radicale di governo, da strutturare grazie ad una partecipazione politica crescente, le cui forme e le cui dimensioni, dal suffragio universale all'organizzazione dei lavoratori, il Nostro si guarda peraltro bene dal delineare.
La critica al sistema giolittiano, una volta venuta meno la tensione liberista dei primissimi del secolo, si sviluppa così su un piano tanto più enunciativo quanto più, significativamente, quel sistema consegue il suo excelsior, fino ad apparire subordinata e rimorchiata nelle circostanze decisive, l'allargamento del suffragio, la guerra libica in funzione complementare da imperialismo democratico e da espansionismo proletario più o meno strumentalizzabile in chiave nazionalistica, e così via.
Sarebbe dovuta essere in sostanza l'Unità di Salvemini a ripescare De Viti in una funzione di leader che gli era da tempo inesorabilmente sfuggita, e che sì giustificava ora in prospettiva polemica e negativa di concorrenza all'Idea Nazionale non tanto per la successione o il superamento del giolittismo, quanto per la sua correzione post 1913 in una dimensione di massa ormai non più eludibile.
Questa dimensione, intravista da Salandra, fu inventata e realizzata dalla grande guerra, a cui De Viti prende parte su una piattaforma anche qui ripescata all'ultim'ora, quella della democrazia liberista, a cui anche il Mussolini 1914 poteva aderire in chiave sovversiva ed antigiolittiana, salvo il grandeggiare dei produttori , più o meno a sfumatura nazionalista e protezionista, a metterla rapidamente in crisi nel corso del conflitto.
Wilson e Lloyd George sono infatti i demiurghi di De Viti nel 1914 ma non possono esserlo più, almeno integralmente, imperialisticamente parlando, nel 1919, donde il rapido e definitivo fallimento della componente forse più intelligentemente e complessamente internazionalistica dell'interventisnio democratico, che aveva avuto però il torto di essere piuttosto un osservatorio polìtico personale di De Viti che non un movimento vero e proprio, scaturito dalle matrici io crisi del socialismo e del radicalismo, ed in grado d'incanalare ed influenzare con efficacia la grande istanza riformatrice degli ex combattenti.
RAFFAELE COLAPIETRA
FRANCESCO GUIDA, La Bulgaria dalla guerra di liberazione sino al Trattato di Neuilly (1877-1919). Testimonianze italiane; Roma, Bulzoni Editore, 1984, in 8, pp. 323. L. 26.000.
Francesco Guida esamina in questo volume le vicende che portarono alla formazione della Bulgaria come Stato nazionale indipendente e le scelte di politica estera che condussero