Rassegna storica del Risorgimento
CAVALLOTTI FELICE; CRISPI FRANCESCO; HERZ CORNELIUS
anno
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1987
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pagina
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510
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LIBRI E PERIODICI
PAOLO PRETO, Epidemìa, paura e politica nell'Italia moderna; Bari, Laterza, 1987, in 8", pp. Xt-348. L. 40.000.
Non parrebbe ma è vero che in pieno secolo XX,..., si possa tuttavia credere al veleno del colera propinato dagli agenti del governo e dei municipi. Parrebbe essere ancora ai tempi della peste di Milano, quando si dava la caccia agli untori, come oggi l'hanno data ai disinfettatori e ai sanitari... (p. 242). Questo commento accompagna, il 2 ottobre 1910 sul quotidiano La Sicilia, raccapriccianti notizie di violenze e tumulti scoppiati in tutta l'Italia meridionale durante l'ultima epidemia di colera esplosa nel nostro paese. Nell'occasione l'indignato ed incredulo stupore della nazione intera si leva a condannare barbare recrudescenze medievali, talora incorrendo in equivoci sul genere dell'* improprietà storico-linguistica (così la definisce Preto), forse il lapsus di una mentalità d'impronta positivistica tendente ad etichettare come medievale tutto quanto esulasse dall'habitus razionale, di cui si rende colpevole l'allora presidente del Consiglio Giolitti accomunando a quelli medievali della memorabile peste milanese (del 1630...), le superstizioni ed i pregiudizi riaffioranti.
Non è riduttivo individuare, condensati nella scandalizzata prosa del foglio siciliano, il senso più profondo e l'orditura stessa della ricerca di Preto: l'analisi affonda le proprie radici lontano nel tempo, sensibile al richiamo di una storia sociale di recente recuperata e rivalutata al di là di precedenti, settoriali impostazioni, nel preciso intento di dimostrare come la paura abbia generato l'idea di untore dal Medioevo al Risorgimento e come concretamente in Italia, nelle diverse età e condizioni storiche, untori e unzioni abbiano operato nella società in occasione delle grandi epidemie di peste e di colera {p. xi).
La triade epidemia-paura-politica si viene articolando attraverso l'età moderna e poi quella risorgimentale sino alle soglie di questo secolo XX, in parallelo al discontìnuo evolvere della mentalità popolare. L'abbondante corredo documentario, talvolta ricostruzione di cronaca minuta, sii cui poggia la parabola storica tracciata nell'opera è funzionale alla ricostruzione di un quadro generale da cui scaturisce in tutta evidenza un fenomeno stupefacentemente invariabile nelle sue caratteristiche. Sempre, sullo sfondo, un'Europa devastata sin dall'antichità, con regolarità atroce, da disastrose epidemie strettamente connesse alle sconcertanti condizioni di vita delle popolazioni.
L'eterno processo di filiazione per il quale epidemia genera paura, con l'immancabile corollario di irrazionalità liberata imputabile in parte alle stesse strutture mentali dell'essere umano messo di fronte ad eventi tragicamente inarrestabili, trova nel regolistico clima rinascimentale un insostituibile riconoscimento teorico. Tra '500 e '600 le classi colte tengono ufficialmente a battesimo paurose convinzioni, subito travasate accanto a maghi, streghe e demoni in una mentalità popolare dispostissima al soprannaturale ed al magico. Mentalità popolare tanto più ricettiva quanto meno è disposta, senza avere fra le mani un colpevole , a vedersi vittima impotente di un flagello che non lascia scampo. Paure e superstizioni nate dall'ignoranza danno quindi sostanza alle teorizzazioni elaborate dai dotti, scatenando vere e proprie cacce all'uomo anche nell'Italia moderna, in nome della sfrenata psicosi dell'unzione rimasta estranea alla nostra civiltà persino durante la terribile morte nera del 1348. E nel '500 quindi che si afferma progressivamente la teoria della peste manufatta, dalle peraltro dottissime origini (pesfilentia manti facta si legge nel senechiano De ira), per trionfare quando prende corpo, nell'atmosfera di diffusa crisi propria dell'Italia