Rassegna storica del Risorgimento
CAVALLOTTI FELICE; CRISPI FRANCESCO; HERZ CORNELIUS
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1987
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512 Libri e periodici
ADELMO MARINO, Scritti inediti di Melchiorre Delfico; Chicli, Marino Solfanelli Editore, 1986, in 8, pp. 190. S.p.
ti centocinquantesimo della morte di Delfico, caduto nel 1985, contìnua ad essere prodigo dì rivisitazioni critiche e di autentiche novità, che consentono un approccio al pensatore, riformatore e uomo di governo teramano ben più corposo di quanto lo abbia a lungo irrigidito una tradizione municipalista spesso ferma al trionfalismo fine a se stesso, e senz'altro meno sommario ed approssimativo rispetto sia alle liquidazioni alla De Ruggiero, sia anche agli inquadramenti interpretativi più recenti alla Venturi, che, nell'ambito dell'illuminismo napoletano, non privilegiano certo l'astratto ed antistorico Delfico, assunta l'aggettivazione con tutte le virgolettature possibili.
Ha cominciato il Clemente col fondamentale volume del 1981, uno dei cui tanti meriti è appunto quello d'immergere in modo programmatico e sistematico, direi, il pensiero e l'azione di Delfico già prima del 1798, e quindi del tutto a prescindere dalla galvanizzazione murattiana, nell'atmosfera riformistica borbonica, a mezza strada fra la provincia e Palmieri, ma forse soprattutto Galanti, attraverso un incontro-scontro, un dare ed avere, che è ancora in buona parte da approfondire e valutare.
Hanno proseguito il Carletti nel 1984 con un articolo che affronta proprio, ed opportunamente, il centrale problema della concezione della storia e della funzione della storiografia in Delfico per una rilettura dell'antistoricismo dell'illuminismo meridionale (e dunque una chiave che De Ruggiero aveva ritenuto di poter accantonare una volta per sempre, e che Venturi aveva rimesso a nuovo, senza però trarne tutte le conseguenze possibili ed auspicabili verifiche) ed il Finoia nel 1985 con una riflessione su due memorie edite ma poco note, ed estremamente significative, cosi neirintrinseco dell'argomento come nella datazione militante, per così dire, quella del 1797 sulla libertà del commercio in una Italia le cui bardature economiche se ne venivano a pezzi sotto la spinta rivoluzionaria, l'altra del 1818 sulle carestie all'indomani di un anno della fame che aveva rinverdito le tragiche memorie degli anni sessanta del Settecento, non sempre il granturco e la patata potendo assumere, anche nel Mezzogiorno, la funzione di provvidenziali espedienti che quegli anni avevano suggerito e progressivamente pressoché imposto.
Viene ora il Marino con un consistente sondaggio nel mare magnum degli inediti teramani del Delfico e con la stimolante pubblicazione dell'inventario della biblioteca da lui donata nel 1827 al Comune, e che costituisce oggi il nucleo culturalmente e civilmente assai ben datato della biblioteca provinciale che da Melchiorre doverosamente prende nome, su una prospettiva critica ed interpretativa della quale non si saprebbe che lodare la sobria prudenza ( Il Delfico non disegnò un particolare tipo di Stato moderno ma certamente ebbe vivo il senso della complessità dei cambiamenti introdotti dalla rivoluzione francese ).
Appunto dalle carte conservate nella Delfico prende vita l'accennato sondaggio, sulla base di un accenno assai più generico e vagante del Curcio, probabilmente echeggiato da altre fonti e non verificato a dovere, quanto ad un'opera su Machiavelli che sarebbe stata scritta dal Nostro ma della quale non sopravviveva altro, finora, se non questo segnale, tanto eccitante quanto sterile.
Quel che pubblica Marino rappresenta precisamente, in una doppia ed abbastanza differenziata redazione, da collocare comunque negli anni venti dell'Ottocento e sulla prospettiva di un colloquio non soltanto erudito con Luigi Dragonetti il cui esame andrebbe anch'esso sviluppato come si conviene (si tratta dì una sorta di trasmissione della leadership del riformismo liberale abruzzese, ma sulla scorta di alcuni elementi tipicamente romantici che appunto lungo gli anni venti, dopo l'infelice esperienza costituzionale di entrambi, vengono alla luce) l'insieme delle osservazioni largamente polemiche che il Delfico venne svolgendo a carico del Segretario fiorentino, con sullo sfondo una tematica di ragion di Stato, di sovranità, di equilibrio dei poteri, e così via, quanto mai attuale, che rende queste pagine tutt'altro che la meditazione solitaria di un ottuagenario emarginato in provincia, ed anzi un contributo ragguardevole al dibattito costituzionale e storiografico in corso, sia pure su linee tradizionalistiche che non vanno sottovalutate (l'assenza di Constant, ad esempio, tra i libri del Delfico, non manca di sorprendere).