Rassegna storica del Risorgimento

CAVALLOTTI FELICE; CRISPI FRANCESCO; HERZ CORNELIUS
anno <1987>   pagina <514>
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Libri e periodici
acquista Le mìe prigioni o le memorie del principe di Polignac o le tragedie del Niccoltni e le poesie del Meli e gli scritti di Francesco Fuoco e persino quelli di Didimo Chierico, quest'uomo non è soltanto un quieto sopravvissuto di provincia ma il cittadino riformatore sveglio e operoso, che ben meritava la visita deferente del giovane Ferdinando II, non soltanto l'ossequio al passato ma la conferma di un ritorno alla riforme, di una primavera troppo rapidamente tramontata.
RAFFAELE COLAPIETBA
GUIDO OLDRINI, L'Ottocento filosofico napoletano nella letteratura dell'ultimo decennio (Memorie dell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, 17); Napoli, Bibliopolis, 1986, in 8, pp. 283. S.p.
Lavorato su una dozzina di biblioteche ed una cinquantina di periodici, questo aggiornamento bibliografico ha una giustificazione interna profonda alla sua imponenza esteriore ed all'assidua riflessione che le è sottesa.
Non vi è dubbio infatti che gli hegeliani di Napoli rimangano al centro del centrale problema dell'edificazione dello Stato postunitario, e quindi dell'incontro-scontro colla società che ha accompagnato tutta la storia dell'Italia unita, e che soltanto in rari e brevi periodi, la crisi di fine secolo, l'immediato anteguerra, la Liberazione, il Sessantotto, ha privilegiato, o è sembrato privilegiare, il momento sociale rispetto a quello più propriamente statuale, che rimane perciò il protagonista indiscusso dell'intera tematica politica nazionale, e della stessa filosofia in quanto non più metafisica .
Basti pensare al rapido esaurirsi o piuttosto alterarsi e stravolgersi delle altre maggiori correnti pre quarantottesche di pensiero, dal neoguelfismo che pur aveva creato per primo una pubblica opinione autenticamente nazionale, e sarebbe sopravvissuto soltanto in alcune frangie minoritarie della Destra storica, all'aristocratico rosminianesimo di qualche manzo­niano e di pochi eletti ecclesiastici (e non si parla del sussultorio e frammentario ritorno a Cattaneo , che dovrebbe spesso chiamarsi piuttosto a Romagnosi, e che attraversa come un fiume carsico tutta la cultura politica italiana otto-novecentesca, emergendo significati­vamente lo si dovrebbe studiare in quei medesimi momenti in cui la società si afferma dinanzi allo Stato, ma inabissandosi con essi) per rendersi conto della compattezza egemonica dell'hegelismo napoletano, e quindi del significato interpretativo e dell'impegno civile che presuppongono gli studi in materia.
L'A. è campione prestigioso, in proposito, di quello che potrebbe chiamarsi marxismo ortodosso, e che resta ben solido sulla breccia contro il suo antagonista di sempre, il liberalismo crociano più o meno ammodernato, un po' meno, forse, nei confronti della pertinace opera di sgretolamento che lo corrode da sinistra e che non di rado lo induce a ritorni a Croce sintomatici e benemeriti, anche per dimostrare di quanto il messaggio del maestro travalichi e trascenda le catechistiche glosse dei discepoli, ma che non depongono troppo efficacemente in merito alla saldezza interpretativa del continuum De Sanctis-Spaventa-Labriola, che è quello sul quale il marxismo di oggi, più o meglio ancora che non il grarascianesimo di ieri, ha prescelto di attestarsi, pur non celandosi (ma più di una volta sottovalutando) le crepe e le differenziazioni che interrompono quel continuum.
Fino a tutti gli anni trenta dell'Ottocento, con quel primo quinquennio ferdinandeo che andrebbe rivisitato organicamente come una certa plenitudo temporum di una deter­minata filosofia politica postrivoluzionaria (penso, s'intende, soprattutto a Blanch, non a caso del lutto emarginato nella bibliografia più recente) l'economia pubblica la fa da padrona, con tutte le sue settecentesche ambizioni di valutazione totalizzante della realtà, ed il Cagnazzi di Biagio Salvemini, lo Scialoja di Barucci, il De Auguslinis di Luigi Parente, il Savarese di Aliberti, se ne pongono a protagonisti assai ben studiati (per Bianchini si