Rassegna storica del Risorgimento
CAVALLOTTI FELICE; CRISPI FRANCESCO; HERZ CORNELIUS
anno
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1987
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pagina
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515
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Libri e periodici
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potrebbe e dovrebbe andare oltre l'ottimo Bratteato) con la fine sottolineatura di Francesco Di Battista quanto alla loro origine forense e preparazione giuridica, a cogliere anche per questo verso le loro ascendenze riformistiche murattiane.
Intorno al 1840 le cose cambiano, il purismo mostra definitivamente le corda (lo ha messo in luce Vallone), il giornalismo periodico cosi attentamente studiato dagli allieva di Sansone si appiattisce e si conformìzza, e viene fuori potentemente il gruppo egemonico degli hegeliani, non senza una fase intermedia di transizione, Galluppi, Bottelli, Devincenzi, che, l'A. fa bene a ricordarlo, è restata del tutto nell'ombra.
Come in precedenza per Cuoco nell'interpretazione di Villani, così ora per questo momento nodale nella storia della cultura ottocentesca meridionale l'A. ha perfettamente ragione nel chiarire che le impostazioni liberali, a cominciare da Galasso, non segnano affatto un passo avanti, e neppure una differenziazione sostanziale, nei riguardi di Croce, checché se ne sia detto dai loro protagonisti.
11 problema fondamentale, s'intende, rimane Vico ed il vichismo, il quale ultimo, dice benissimo l'A., non significa a Napoli sempre la stessa cosa e può giovare per un approccio a Hegel o per un ripiegamento relativo, ma sempre in integrazione e funzione al bagno hegeliano , mai in alternativa pura e semplice ad esso, col che si ricadrebbe nello spiritualismo cattolicheggiante e tradizionalistico di cui la storia della fortuna di Vico abbonda così largamente, e non certo, ci si passi il bisticcio, per sua fortuna.
Vi è anche Kant, senza dubbio, e qui l'A. si preoccupa di liberare Colecchi ed il suo prediletto Cusani da ogni ipoteca vichiana, forse con qualche forzatura, giacché è altrettanto certo che il Kantismo rappresenti la sola seria via d'uscita e di ritirata dinanzi all'incalzare hegeliano, e quindi la fase indispensabile per un recupero più o meno strumentalizzato di Vico.
Pienamente da condividere, invece, le osservazioni su Villari, i cui progetti di progresso e di sviluppo non s'intendono se non in chiave hegeliana, donde l'adesione piena da parte dell'A. (un po' meno per chi scrive) alla via regia tracciata da Garin quanto alla continuità sostanziale e progressiva fra hegelismo e positivismo, nonostante le riserve di Asor Rosa e quel carattere teoricamente non approfondito dell'estensione alle scienze morali dei metodi propri delle scienze naturali che, rilevato dallo stesso Asor Rosa come il limite più profondo del positivismo italiano, mi sembra anche cosa assai grave ad infirmare l'asserito continuum nei confronti degli hegeliani.
Esso esiste viceversa senza dubbio all'interno del non facile itinerario intellettuale di Francesco De Sanctis ed è merito grande del Marinari, opportunamente sottolineato dall'A., averlo documentato e dimostrato in modo inconfutabile, allargando ciò che già LanduCci aveva tenuto fermo a proposito dell'estetica hegeliana e che la Lanza rivendica oggi un po' per tutto il pensiero del critico di Morra, malgrado le osservazioni particolarmente accurate e penetranti del Guglielmi, nel senso di identificare l'iter desanctisiano come una ininterrotta crisi di crescenza che accetta il metodo hegeliano ma rifiuta tutti i sistemi (qualche cosa mi sentirei di dover aggiungere in merito al bipartitismo, all'antitra-sformismo, alla vera o presunta eticizzazione della politica in De Sanctis, ma non è questa la sede opportuna).
Una funzione analoga a quella desanctisiana del Marinari è stata quella assunta dal Savorelli per Bertrando Spaventa, ma qui non come chiarificazione e ricostruzione dei lineamenti interni del suo pensiero, bensì quale subordinazione di quest'ultimo al programma di rinnovamento culturale e di circolazione delle idee onde storicizzare una volta per tutte una personalità che Gentile aveva indebitamente e tendenziosamente modernizzato, offrendo il fianco alla demolizione crociana e post crociana, non a caso pochissimo attenta ai molti e diversi Spaventa con cui fare i conti ma sempre perseverante ed assiduo, Bertrando, nello sprovincializzare la nostra cultura, quella politicità immanente, quel suo adattamento dell'hegelismo alle lotte rivoluzionarie del Risorgimento (Vacca) che costituisce e deve costituire il significato storico di Spaventa, il suo Stato etico di metà Ottocento che appunto per questo non può essere quello clericofascista di Gentile ma