Rassegna storica del Risorgimento
CAVALLOTTI FELICE; CRISPI FRANCESCO; HERZ CORNELIUS
anno
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1987
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pagina
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519
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Libri e periodici
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che condizionavano l'atteggiamento del pensiero politico e dell'opinione pubblica italiana nei riguardi dell'Austria nel settantennio preso in esame, entrambe comunque già ben delineate prima del 1848. La prima, che aveva in Cesare Balbo l'iniziatore, limitava il contrasto italo-austriaco alla soluzione del problema nazionale italiano, considerando l'esistenza della monarchia asburgica necessaria all'equilibrio europeo, come possibile argine non solo rispetto al panslavismo ma anche al pangermanesimo. La seconda aveva il proprio profeta in Giuseppe Mazzini, per il quale l'Austria era il nemico da abbattere ad ogni costo, in quanto Stato sovranazionale negatore degli ideali di libertà, nazionalità, democrazia e progresso. A queste due concezioni dopo un lungo periodo che aveva visto l'Italia passare dalla lotta aperta alla firma della Triplice alleanza Ara ricollega le posizioni degli interventisti democratici, che si rifacevano alla tradizione mazziniana non solo nel giudizio sull'Austria ma anche nell'atteggiamento nei confronti delle popolazioni slave, e quelle dei neutralisti, i quali erano piuttosto propensi a guardare alla duplice monarchia con gli occhi di Balbo.
Non poteva certo mancare in questo volume un capitolo su Trieste, al cui studio Angelo Ara ha già dedicato alcuni suoi precedenti lavori. Nel saggio qui riprodotto (pp. 215-265) egli esamina la situazione della città giuliana attraverso lo spoglio della corrispondenza inviata a Vienna dai consoli austriaci nel periodo compreso tra le due guerre mondiali; si tratta di un materiale di estremo interesse, dal quale emerge palese la volontà da parte della giovane repubblica austriaca di non rompere i legami politici ed economici con una città in cui è ancora presente, dopo il 1918, una consistente comunità tedesca.
Gli ultimi due saggi e l'appendice Finale sono dedicati allo scottante problema dell'Alto Adige, esaminato nel periodo che va dall'annessione della Saar (gennaio 1935) all'intesa italo-tedesca sulle opzioni (giugno 1939). Ara tralascia volutamente gli aspetti meramente diplomatici della questione,1) preferendo soffermarsi sull'esame della situazione interna della provincia di Bolzano, analizzata attraverso le reazioni ed il comportamento del gruppo allogeno (che costituiva e costituisce tuttora la maggioranza della popolazione), delle autorità prefettìzie e del Partito Nazionale Fascista locale. L'entusiasmo provocato dalla notizia dell'annessione della Saar coincise con una notevole crescita del nazionalsocialismo nella regione: dall'inizio del 1935 in poi, di fatto la Germania si sostituì all'Austria come polo d'attrazione per gli abitanti di lingua tedesca dell'Alto Adige, delusi da un lato dalla politica immobilistica e sostanzialmente passiva svolta dall'Austria, ed attratti dall'altro dagli evidenti successi ottenuti in politica estera dal Reick. A differenza di Tallarico esponente del PNF di Bolzano che considerava il problema del nazismo in un'ottica estremamente limitata, come manifestazione ultima ed estrema del nazionalismo tedesco in Alto Adige, il prefetto Mastromattei tendeva ad inquadrare il problema in un contesto più generale: il nazismo era anche un fenomeno locale, ma esso investiva soprattutto la questione dei rapporti italo-germanici. Ed infatti, nei 1936, l'avvicinamento del-lltalia alla Germania provocò non pochi motivi d'imbarazzo non solo alle autorità locali, ma anche ai gruppi nazionalsocialisti, i quali tendevano a considerare le affermazioni di rinuncia alla regione formulate da Hitler come un espediente, una finezza politica del Pììrher, una dichiarazione puramente strumentale, o, ancora più ingenuamente, come una menzogna della propaganda fascista. L'Anschluss (marzo 1938) sembrò per un attimo fomentare nuove speranze nei gruppi nazisti, ma si trattò di semplici illusioni: le due potenze dell'Asse si rendevano conto della necessità di rivedere la loro politica atesina, giungendo al risultato dell'accordo del giugno del 1939 sulle opzioni. La propaganda germanica tese a trasformare l'esito delle opzioni in un plebiscito a favore del Reich e del suo capo, mentre le autorità italiane mantennero un atteggiamento passivo, mirante a favorire l'esodo dall'Alto Adige dei cittadini tedeschi e degli allogeni più irrequieti, nel tentativo di ottenere
i) Per i quali si rimanda al lavoro di RENZO DE FELICE, // problema dell'Alto Adige nei rapporti italo-tedeschi dall'* Anschtuss alla fine della seconda guerra mondiale, Bologna, II Mulino, 1973.