Rassegna storica del Risorgimento

CAVALLOTTI FELICE; CRISPI FRANCESCO; HERZ CORNELIUS
anno <1987>   pagina <524>
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Libri e periodici
in poi. Fu infatti allora che la visione dubbiosa e critica, che sempre lo aveva caratterizzato, si andò accentuando, acquistando i colori più foschi della catastrofe. Sarebbe, tuttavia, necessario distinguere tra il Fortunato che, tra il 1880 e il 1909, sedette sui banchi del Parlamento e quello della vecchiaia. Questo lato del suo carattere, che prima era soprattutto spirilo critico vigile e attento, solo più tardi diventò, in modo più marcato, pessimismo ed anche sfiducia.
Il secondo giudizio riguarda la cultura positivistica e deterministica che influenzò la sua analisi del Mezzogiorno. Un giudizio sostanzialmente esatto, ma spesso venato da una connotazione negativa, che si può far risalire a Benedetto Croce. Questi, come è noto, nella sua Storia del Regno di Napoli, criticò l'amico: dopo aver riconosciuto a Fortunato il merito d'aver dimostrato quanto l'osse infondata la credenza che voleva il Meridione fertile e potenzialmente ricco, metteva poi in guardia contro l' illegittima illazione onde quella ristabilita verità, è stata distorta a supremo criterio per ispiegare la storia dell'Italia meridionale, che fu [...] anarchia e miseria, perché (si dice in compendio) la terra [...] era ed è arida, sterile, ingrata, malarica, irrimediabilmente povera. Siffatta illazione o distorsione è accaduta, perché la scoperta dello scarso rendimento della terra meridionale si compiè al tempo dell'imperante naturalismo e determinismo (B. CROCE, Storia del Regno di Napoli, Bari, Laterza, 1966, p. 250).
Già M. L. Salvadori (// mito del buongoverno, Torino, Einaudi, 1960, pp. 146-148) ha contribuito a rivedere queste affermazioni. Tuttavia l'analisi fortunatiana del Mezzogiorno meriterebbe d'essere nuovamente studiata per mettere in luce quello che era il tentativo del lucano di formulare non tanto, o non solo, un giudizio deterministico, ma anche di elaborare un'analisi il cui scopo era quello di legare le condizioni geografiche allo sviluppo storico nell'intento di comprendere quale fosse la reale situazione del Meridione.
I saggi raccolti in questo volume contribuiscono, in varia misura, a delineare un giudizio più approfondito sia riguardo a tali questioni, che ad altri aspetti dell'opera di Fortunato.
Nel suo contributo (pp. 19-40) Galasso ripercorre l'attività di Fortunato sino ai primi anni del XX secolo. Galasso si sofferma soprattutto sulla particolare posizione politica del lucano. In anni in cui l'identità politica era tanto spesso collegata a quella regionale, Fortunato fu uomo del Mezzogiorno ostile alla Sinistra meridionale. Il suo era un atteg­giamento moderato, che aveva un duplice aspetto: da un lato, [era] una convinzione profonda; dall'altro, [era] il risultato di una Condizione obbligata imposta dalla mancanza o insufficienza di alternative accettabili (p. 20). Una posizione che traeva origine dalla sua esperienza giovanile, dal diretto contatto col brigantaggio, dalla sua formazione culturale, avvenuta a Napoli, sotto l'insegnamento di F. De Sanctis. Elementi che contribuirono a sviluppare in lui quella tendenza spirituale dubitativa e realista , che lo caratterizzò. Al tempo stesso il confronto tra l'opera della Destra e quello della Sinistra, contribuì a rafforzare la forte componente di moralità, di pregiudiziale etico-politica del suo nascente pensiero e atteggiamento politico (p. 24).
Galasso sottolinea che ridurre l'opera politica di Fortunato al solo tema meridiona­listico non corrisponde alla realtà. È estremamente significativo che in nessuno [dei suoi discorsi elettorali] il tema meridionalistico sia quello dominante e che il problema meri­dionale vi compaia fra gli altri grandi problemi dello Stato (p. 36). Compare, invece, la difesa dell'istituto del Parlamento. Proprio durante la crisi di fine secolo. Fortunato fu tra i pochi esponenti politici a pronunciarsi in difesa dell'assemblea legislativa quale mezzo più valido per preservare la società dall'anarchia e dal dispotismo.
I mutamenti sociali e politici verificatisi a cavallo dei due secoli, portarono, però, anche Fortunato a modificare alcuni dei suoi convincimenti. Passò cosi da assertore del­l'interventismo statale ad un antistatalismo di stampo liberista. M. Rossi Doria (pp. 43-60) inizia la sua analisi proprio da questa svolta che segnò anche uno spostamento dell'attività di Fortunato dal piano politico a quello culturale. Rossi Doria si sofferma soprattutto sul rapporto con Salvemini. Una collaborazione che culminò con la nascita dell'Unità, il cui obiettivo era quello come scriveva Salvemini di farsi promotore di un blocco neodemocratico [...] non di parliti, ma di uomini, ciascuno dei quali fosse più o meno