Rassegna storica del Risorgimento

DECENTRAMENTO; REGGIO CALABRIA AMMINISTRAZIONE 1861-1865
anno <1988>   pagina <23>
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Reggio Calabria e il decentramento 23
nel nome d'Italia e Vittorio Emanuele, trovava la gran maggioranza dei liberali su posizioni unitarie.
Con la completa liberazione del Mezzogiorno, la conseguente comples­sa situazione politica che, in fase di assestamento, maturerà le esperienze della Dittatura e della Luogotenenza, rinvigorirà a Reggio quegli interessi civili, già presenti nella mentalità della sua classe dirigente, proiettandoli verso la nuova vita amministrativa.
L'occasione era stata presto offerta dalla condotta del governo garibaldino creato da Garibaldi dopo la liberazione. Nella volontà di mutare subito i rapporti paternalistici esistenti tra governo e società civile, a due giorni dalla conquista, il governatore Antonino Plutino, per consiglio dello stesso generale, e sull'esempio di quanto era stato fatto in Sicilia, aveva esteso alla Calabria Ultra Prima lo Statuto albertino, la legge sarda deUa guardia nazionale e la legge provinciale e comunale del 23 otto­bre 1859.
Questa scelta politica che, nella prassi governativa, rivelò presto i limiti dell'improvvisazione, scosse i vari settori dell'opinione pubblica reggina. Aperta condanna espressero i reazionari che, come vedremo, dettero luogo ad episodi di rivolta armata, mentre i vasti settori mode­rati, già in larga misura unitari, manifestarono con caratteri di dialettica politica, carica di quei motivi culturali che erano alla base della loro stessa essenza, un'opposizione di natura istituzionale e legalistica.
Si manifestavano anche a Reggio, all'interno della borghesia, le discre­panze di carattere ideologico che scuotevano il movimento moderato ita­liano, specie quello meridionale.
Sull'eco dei contrasti, determinatisi tra democratici e cavouriani sul­l'opportunità di proseguire l'azione rivoluzionaria fino alla liberazione di Roma e di Venezia e sui criteri risolutivi dei gravi problemi di ordine arnministrativo ed economico, connessi alla situazione meridionale, si puntualizzavano i motivi ideologici da servire alla lotta politica che nella capitale e nelle province dell'ex regno si era scatenata tra i gruppi di po­tere della stessa area moderata.
A Reggio tale contrasto, provocato com'era dagli Atti del governo garibaldino aveva assunto connotazioni precise riportando in primo piano il problema dello Stato e delle sue strutture istituzionali.
Si stigmatizzava così la visione dello Stato di matrice hegeliana che fatta propria anche dall'ambiente piemontese, informava l'azione dei Plutino specie di Agostino, vice-governatore e vero deus ex machina del nuovo go­verno, molto legato agli ambienti governativi piemontesi.
Sulla base della concezione che vedeva lo Stato potenza etica supe­riore , non identificabile con la somma delle singole volontà in quanto essenza immanente rispetto ad esse, il nuovo governo intendeva espri­mere il ruolo organizzativo e direttivo totalizzante nei riguardi della so­cietà stessa; il potere statuale, penetrando nelle sfere subalterne, doveva soggiogarle, tra ducendo al tempo stesso l'autorità della sua classe diri­gente in egemonia.
Da qui il contrasto con quei settori moderati reggini che vedevano negato il valore del loro stesso processo ideologico, di quella natura che aveva alimentato le rivoluzioni del '20, del '47 e del '48, nel cui alveo si