Rassegna storica del Risorgimento

DECENTRAMENTO; REGGIO CALABRIA AMMINISTRAZIONE 1861-1865
anno <1988>   pagina <26>
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Lucrezia Zàppia
volgere a Reggio né i gruppi democratici, gravitanti intorno al deputato Stefano Romeo, a Domenico Cuzzocrea e a Gioacchino Ferro (codirettore de L'Imparziale), tutti di sicura fede repubblicana di stampo mazziniaino, né i settori radicali di un Pietro Foti o di un Bruno Rossi (l'altro diret­tore de L'Imparziale), vicini all'ambiente garibaldino, o, ancor meno, quello legato alle antiche suggestioni illuministiche di marca massonica e carbo­nara, di cui era riconosciuto leader Domenico Lucisano. Manca ne 77 Cor­riere di Calabria ogni riferimento a questi ambienti che pure non dove­vano essere ignoti alla direzione; c'è solo qualche sporadica corrispondenza con persone di secondo piano, del contado; né alcun passo avanti si nota dal momento in cui il reggino avv. Domenico Zerbi viene chiamato alla codi-rezione del giornale stesso, dopo la fusione dovuta ai problemi economici del periodico, il 3 setttembre 1861, con L'Osservatore di Napoli, diretto dallo Zerbi (che era anche membro del Consiglio provinciale reggino).
Da qui gli attacchi polemici dei calabro-napoletani che si appuntano contro il miope ambiente provinciale, contro quella vecchia cultura, di cui è espressione il giornaletto La Fata Morgana, che appariva ancora dominante nella citttà dello Stretto, allorché si chiariva che per i reggini non era possibile concordare un pur generico programma unitario proprio perché nella regione non esisteva un'omogenea situazione socio-economica ed il tessuto sociale del reggino aveva problemi diversi da quelli delle altre zone.
Si ricusava così un'impostazione politica che aveva il torto di voler imporre in provincia la supremazia culturale dell'ex-capitale.
Le argomentazioni usate da II Corriere di Calabria, in continua pole­mica con La Fata Morgana, sono tese a contestare la presunta singola­rità del reggino ed il livore delle frasi non può giustificarsi con il solo contrasto politico.
Per il giornale napoletano disfunzioni amministrative e brigantag­gio sono mali comuni a tutto il Mezzogiorno e all'intera penisola calabra senza eccezioni ; nella provincia reggina, come altrove, essi debbono con­siderarsi quali effetti di mal governo . Alla miopia torinese, sorretta dai moderati annessionisti, i quali pensavano che la soppressione della Luogo­tenenza avrebbe risolto i mah italiani, erano dovuti sia l'anarchia ammi­nistrativa, sia la compressione della libertà dei Comuni. Si coglievano quindi le motivazioni politiche che erano alla base della complicità dei settori moderati meridionali con il prepotere governativo, che aveva per­messo alla consorteria moderata dei successori di Cavour di continuare la sua politica che non fu italiana ma piemontese . Lo statista, nel­l'intento d'ingrandire il Piemonte non si curò di conoscere le condizioni generali italiane, neppure di quelle province che dovevano essere incorporate al regno sardo, né pensò a migliorare le condizioni del Piemonte mede­simo .6> Tale modo di governare aveva colto di sorpresa coloro che avevano seguito il concetto annessionista senza comprenderlo e che non pensavano si fosse venuti così bruscamente alla distruzione degli interessi locali . *>
<) Da L'Unità italiana: La polìtica cavourìana, in II Corriere di Calabria, Napoli, 1-X-1861, n. 82.
7) Ibidem.