Rassegna storica del Risorgimento

DECENTRAMENTO; REGGIO CALABRIA AMMINISTRAZIONE 1861-1865
anno <1988>   pagina <32>
immagine non disponibile

32
Lucrezia Zàppia
per comporre ove Province e Comuni erano Enti veri e reali parti dello Stato, mentre Circondari e Mandamenti erano indicazioni circoscrizionali che servivano all'adempimento di forme stabilite dalla legge finiva per sancire che, proprio perché parte dello Stato, Fazione degli Enti locali dovesse essere legata ad esso, il che. escludeva l'idea di ogni assoluta auto­nomia.
Nell'esigenza dell'unificazione, l'idea del decentramento autarchico era quindi più che un desiderio diffuso.
La discussione dottrinaria su questo tema che, come abbiamo detto, impegnava la Camera, nel 1861 si era attestata sulla base delle proposte Farmi e del progetto Minghetti, sull'istituto regionale, visto come Ente gover­nativo e aniministrativo. Vi emergeva però, quale punto qualificante, la riforma della Provincia, che Minghetti aveva inserito nel suo progetto: occorreva assegnare a questo organismo molte e importanti funzioni da esercitare indipendentemente dall'autorità governativa, riservando a questa ultima solo il compito di vigilanza, nell'interesse generale dello Stato.
Il potere esecutivo della Provincia doveva essere delegato alla sua Deputazione, eletta dal Consiglio, con Presidente eletto dai componenti della medesima. Tra le funzioni che l'organismo doveva esercitare erano la vigi­lanza ed il controllo delle opere pubbliche, relative a molte strade, alle acque e ai ponti; l'istruzione secondaria e tecnica; gli archivi provinciali; i monumenti; la sanità; gli stabilimenti termali; la beneficenza quando non fosse d'istituzione privata o comunale; gli esposti e i maniaci; la cura e la vigilanza dei boschi; la disciplina per le consuetudini e gli usi agrari; la concessione dei sussidi ai Comuni (al fine anche di favorirne l'aggre­gazione).
Allo stesso modo anche la carica di Sindaco del Comune doveva essere elettiva.
Si prospettava così un sistema che offriva un autonomo potere alla borghesia liberale delle province, armonizzandolo col regime rappresentativo, mentre il notabilato provinciale, soddisfatto nell'antica aspirazione della effettiva gestione del territorio, con rinvigorito spirito avrebbe mandato alla Camera rappresentanti qualificati.
Ma le proposte risultarono infruttuose e nel 1862, com'è noto, furono ritirate.
Il Parlamento già nell'aprile 1861, a conclusione del dibattito sulla situazione del Mezzogiorno, aveva votato l'o.d.g. per l'unificazione ammini­strativa; i decreti ricasoliani del 9 ottobre 1861, nn. 249-250251, avevano istituito quali capi di provincia i prefetti in cui si sommavano funzioni politiche ed amministrative. Il governo aveva facoltà di delegare ad essi le attribuzioni che, per legge, erano proprie del Ministero dell'Interno e per le quali non era richiesto il decreto reale; si completava quindi l'applica­zione della legge comunale e provinciale del '59, parificando i trattamenti dei capi di provincia, dei capi di circondario e dei consiglieri di governo. Sulla base del ruolo organico amministrativo, il personale dei prefetti veniva ripartito in tre classi, in relazione della posizione di ciascuno in carriera, indipendentemente dalla residenza, e un'indennità di rappresen­tanza veniva stabilita per tutte le prefetture, indennità che con RJ). 30 di-