Rassegna storica del Risorgimento
DECENTRAMENTO; REGGIO CALABRIA AMMINISTRAZIONE 1861-1865
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1988
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Reggio Calabria e il decentramento 39
Nel 1860 L'Amico della Libertà, riprendendo le tesi del Corriere dell'Emilia, nel momento in cui a Reggio solo la municipalità poteva opporsi, unica forza locale, al prepotere del governo garibaldino , aveva più volte sottolineato l'importanza del più piccolo istituto territoriale, notando come nel nuovo Stato questo ente avesse un ruolo fondamentale. Ora invece, attraverso La Fata Morgana, s'insisteva solo sulle funzioni che contrassegnavano la sfera gerarchica dei poteri locali e ciò a causa delle insufficienze dei Municipi. L'unica possibilità di migliorare tale situazione passava quindi attraverso il controllo della Provincia sugli eletti.
Sulla base del principio di nazionalità, si respingeva, quale propulsore di gretto municipalismo, il concetto di autonomismo municipale inteso come espressione di autonomia politica. Era convinzione che occorressero norme uniformi per soddisfare interessi più generali, tese alla realizzazione di una pianificazione del territorio che ubbidisse alla logica di un mercato che, sulla base di pressioni esterne, era già dominato da spinte capitalistiche.
Il particolare tipo di sviluppo economico, cui doveva essere impegnata l'intera provincia, ruotava intorno alle colture specializzate ed alle aree utilizzate ed utilizzabili per quelle colture. Occorreva quindi una riorganizzazione degli spazi che vedesse in primo piano la regolamentazione delle acque, il risanamento dei litorali e, soprattutto, le vie di comunicazione.
Il completo uso del territorio avrebbe infatti rimosso, insieme con la carenza della manodopera nelle zone interessate, i condizionamenti alla circolazione interna, umana ed economica, determinando situazioni dinamiche ed immettendo nel vivo dei meccanismi di formazione del potere anche la gerarchizzazione del territorio.
Pertanto, sulla scorta del pensiero mazziniano che vedeva nel Comune il vero tempio della libertà, la scuola del dovere sociale che, in nome del progresso, dell'incivilimento uniforme, doveva affratellare l'elemento rurale a quello della città, mentre in campo democratico risuonava la voce del reggino Stefano Romeo che sosteneva doversi ampliare la libertà dei Comuni,37) La Fata Morgana, pubblicizzando il Programma del Circolo popolare nazionale di Gioiosa, ne sottolineava i princìpi informatori: La vita del Municipio, per quanto ristretta, deve essere studiata e svolta sia dal lato politico che sociale, nei rapporti con la Provincia e la Patria .M)
L'istituto comunale veniva considerato così nel triplice rapporto: verso se stesso, verso la Nazione e verso la Provincia (cioè la circoscrizione che con tal nome si distingue, ad un tempo Ente operatore collaborativo dello Stato e coordinatore dei Comuni). Da qui l'auspicio del suffragio universale, inteso quale strumento di moderazione, almeno nelle elezioni amministrative.
Se ne deduce che ad evitare che nei Comuni si determinassero nuove ed antiche preponderanze egemoniche e reazionarie, pericolose per l'unità dello
*) LUCREZIA ZAPPIA, Introduzione alla ristampa de L'Amico della Libertà, M. Belvedere (CS), 1985.
37) STEFANO ROMEO, Sulla libertà del Comuni, testo di discorso alla Camera, in: A.S.R.C.. Fondo Visalli, b. II, f. IX (14).
38 Programma del Circolo popolare nazionale dì Gioiosa, in La Fata Morgana, cit., Reggio, 22-11-1862. n. 73.