Rassegna storica del Risorgimento

DECENTRAMENTO; REGGIO CALABRIA AMMINISTRAZIONE 1861-1865
anno <1988>   pagina <49>
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Reggio Calabria e il decentramento
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stìca della restaurazione post-quarantottesca imponendoli alle forze sanfe­diste, fu di mons, Ricciardi, arcivescovo della metropolia reggina dal 1855. Egli, come afferma il P. Russo, riportò la concordia e la serenità in un ambiente tanto disparato perché aveva intelligenza, cultura, pietà fervida, praticità di governo . >
Il Ricciardi pose mano alla riforma del giovane clero, ne riordinò gli studi, conformandoli a quelli in vigore nel Seminario di Napoli, chiamandovi ad insegnare gli elementi più dotti e più qualificati. Purtroppo gli avveni­menti del '60 impedirono la realizzazione del nuovo piano di distribuzione delle parrocchie nel territorio della diocesi, pur già approntato, che avrebbe finalmente dato impulso più omogeneo alla vita pastorale.
Ma il processo ideologico, cui i settori cattolici reggini furono sotto­posti negli anni post-quarantotteschi, non poteva non risentire delle espe­rienze determinate dalle scelte politiche del governo napoletano.
Ogni gruppo doveva necessariamente confrontarsi con l'opera di cleri-calizzazione e di manipolazione clerico-poliziesca della vita civile del regno , attuata dai Borboni, negli anni '56-'57, attraverso l'estensione delle preroga­tive ecclesiastiche in campo economico, giuridico ed istituzionale.
L'impegno politico, affidato dallo Stato alla gerarchia ecclesiastica, ne rafforzava, insieme con la posizione politica, la scelta ideologica di rigido conservatorismo.
L'Unità troverà quindi l'autorità religiosa attestata sulle posizioni rea­zionarie, espresse dal neotomismo. Tale pensiero di filosofia ortodossa, attraverso le opere di P. Gioacchino Ventura e di P. Luigi Taparelli64* ormai imperava nel collegio e nei seminari della provincia, nella strenua difesa della metafisica dogmatica. Ne era punto di forza l'assoluta soggezione dell'uomo di fronte all'ordine naturale e sociale, secondo i princìpi ricavati dalla presupposta consonanza di vedute tra Vico e S. Tommaso.
In quest'ottica non il progresso ma l'ordine valeva quale cate­goria centrale alla comprensione della storia, il diritto doveva essere riportato alla ragione universale , mentre le leggi dovevano limitarsi a riconoscerlo, non a foggiarlo o distruggerlo come si pretendeva dai nuovi legislatori.
L'opposizione al nuovo Stato si alimentava quindi di motivi pragmatici: dal diritto divino del re delle due Sicilie all'assoluta certezza dei diritti della Chiesa e del suo potere temporale.
Il diverso percorso culturale dei gruppi cattolico-liberali (anch'essi sot­toposti a processi e condanne durante la reazione), li porterà nel periodo antecedente l'unità nazionale dall'antica posizione neo-guelfa e rosminiana, attraverso l'ontologismo e la componente ideologica platonico-cristiana ad accogliere alcune posizioni del neo-spiritualismo che, nel 1860, aveva già maturato l'idea di un Papato libero da impegni temporali e di una Roma capitale d'Italia oltre che centro della cristianità.
L'evoluzione ideologica ne aveva fatto dei naturali alleati dei moderati unitari. Nel 1860 si riconobbero pertanto nella linea politica espressa dal
63) su M. Ricciardi v. P.F. Russo, op. eli., voi. Ili, p. 261 sgg.
) GUIDO OLDRINI, La cultura filosofica napoletana dell'Ottocento, Roma-Bari, 1973.