Rassegna storica del Risorgimento
AGOSTINIANI ALGHERO; ARCHIVIO DI STATO DI SASSARI FONDO CORPORA
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1988
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pagina
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65
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Libri e periodici 65
La satira politica nei giornali napoletani 1860-1899, a cura della Biblioteca Universitaria di Napoli. Catalogo della Mostra; Roma, Istituto Poligrafico e Zezza dello Sfiato, 1986, in 4, pp. 133. S.p.
Si tratta del catalogo di una mostra della quale, con partenopea nonchalance, ci si è dimenticati di comunicare per le stampe dove e quando sia stata allestita, ma che c'è da supporre abbia avuto luogo a Napoli nell'anno di grazia 1986, presumibilmente nei locali della Biblioteca Universitaria sacra ai fasti ottocenteschi del Gesù Vecchio e del relativo cortile monumentalmente ornato (un'autentica high parade del laicismo meridionale post unitario, che andrebbe interpretata e studiata come tale) e sulla base, questa volta fdrtunata-mente dichiarata, dell'emeroteca dell'Universitaria medesima, dei fondi della sezione napoletana della Nazionale, e della biblioteca Lucchesi Palli, peraltro tuttora inaccessibile ai miseri mortali dopo quello scuotimento di terra del novembre 1980 che a Napoli sembra aver avuto le conseguenze del diluvio universale, e soprattutto dì uno di quei prodigiosi fondi, questa volta il Tozzoli, della biblioteca provinciale di Avellino, che sembrano anche essi aver assunto nel Mezzogiorno un ruolo di extrema ratio, di ultima spiaggia bibliografica, rispetto ai crescenti vuoti, reali o mantenuti tali, di quella che sempre .più appare davvero, dall'unità in poi (prima del 1860 il discorso è radicalmente diverso ed opposto) la ex capitale del regno.
Il catalogo, diciamolo subito, è una grossa delusione, e forse proprio da questo punto di vista la sua fecondità critica, sic vos non vobis, si sarebbe tentati di dire, è più stimolante e pungente. La delusione, anche questo va precisato senza indugio a scanso di equivoci, non attiene minimamente ai benemeriti curatori, i quali hanno fatto tutti il loro dovere in modo egregio, sia nell'introduzione sobria e limpida dello Scirocco (notevole l'accenno ai giornali umoristici dell'ultimo periodo borbonico) sia nell'eccellente monografìa del Giancaspro sulla caricatura napoletana del secondo Ottocento, con al centro l'utilizzazione geniale della litografia, quel mezzo capolavoro che fu l'Arlecchino, Napoleone III inesauribile maschera polemica accanto a Francesco II, a Rattazzi, a La Marmora, nei loro rispettivi gustosi cìichés, lo stravolgimento dimensionale di Delfico come filo rosso swiftianamente eccentrico dall'Arca di Noè al Caporal Terribile, la disinvoltura smaliziata ed il corale realismo di Enrico Colonna, l'audacia impertinente di Manganaro, sia nelle fini osservazioni del De Magistris sulle tirature e su certo protagonismo avventuristico (Domenico Jaccarino), sia negli altri contributi minori, con gli inevitabili alti e bassi, derivanti soprattutto, a mio credere, dall'eccesso di attualizzazione.
Chi delude, dunque, è il soggetto, e questo si è potuto già evincere dallo scorcio cronologico che ci è venuto sotto la penna, e che esaurisce la propria carica satireggiabile con qualche altro personaggio d'obbligo, Pio IX e i briganti. In realtà, dopo il primo decennio unitario, in cui tutti costoro la fanno da padroni, ed // Lampione e Casimiro Teja ci son divenuti in proposito familiari, se non altro attraverso la ricca utilizzazione che ne ha sempre compiuto Spadolini in chiave fiorentinesca e da autunno del Risorgimento , di specificamente napoletano non rimane pressocché nulla, e questo è sorprendente, giacché il peso della città resta politicamente notevolissimo, benché Scirocco sia di contrario avviso, con la giovane Sinistra, con Nicotera, con Grasso, col cardinale Sanfelice, con un certo Mancini, un certo Crispi, a non parlare di De Zcrbi e di Scarfoglio, tutta gente che si dilegua come ombra nel confronti di una satira scontatissima e snervata, i cui bersagli, troppo facili e vistosi per essere autentici, rimangono, che so io?, il buon pacioccone Nicola Amore ed il pantagruelico duca di Sandonato, che lo stesso Croce assumeva piuttosto sbrigativamente quale quintessenza del demagogo di tutti i tempi, più o meno napoletanamente verace*
Scarsa originalità tematica, dunque, pur nella bizzarra valentia tecnica dei disegnatori, che prevale peraltro sempre nettamente, ed è significativo, sul contenuto satirico vero e proprio, e su quella che potrebbe essere la soda polemica politica ad esso sottesa. La Napoli di Siili e di Casale, di Matteo Schilizzi e del Gambrinus, quella che ha conosciuto D'Annunzio e che ha visto Croce farsi le ossa, la Napoli dei mosconi e delle vespe di tartarinesca