Rassegna storica del Risorgimento

GHISALBERTI ALBERTO M.
anno <1988>   pagina <143>
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Alberto M, Gkisalberti ferroviere 143
Nel settembre 1976 scrissi a Ghisalberti informandolo, tra le altre cose, che stava per uscire il mio secondo libro di storia ferroviaria, propedeutico al primo, però di valore autonomo e migliorato nell'impostazione grafica . Timoroso e intraprendente nel contempo, gli chiesi se poteva scrivere una Presentazione al mio volume. Come al solito, immancabile fu la risposta.
Roma, 22 settembre 1976 Gentilissimo dottore,
scusi il ritardo nel rispondere alla Sua graditissima del 10 coir. Sono alle prese con la organizzazione del Congresso dell'Istituto, che si inaugura il 26 a Mantova e, quindi, ho molti, e non sempre piacevoli, impegni.
Mi duole apprendere dei risultati negativi delle Sue ricerche editoriali . Pensavo che un argomento quale L'Ottocento ferroviario italiano dopo il Settanta potesse essere accolto senz'altro. Ma comprendo anche le preoccupazioni degli editori nel momento attuale; non quello, però, dell'ente dì cui mi parla...
Lei mi chiede una prefazione! Non posso, né oso dirLe di no: sarà, anzi, per me un titolo di onore e... un richiamo alla parentela ferroviaria... Farò del mio meglio: La prego solo di tener presente che potrò occuparmene solo dopo la fine del Congresso e la liquidazione della relativa eredità di impegni, grane, ecc. Temo che debba, così, trascorrere parte del prossimo ottobre. Le va bene?
Con sincera stima, Le ricambio cordialmente i graditissimi saluti e formulo i migliori auguri per la buona riuscita del Suo lavoro.
Suo ALBERTO M. GHISALBERTI
Per la verità, provai disagio per aver importunato Ghisalberti, cono­scendo la gran mole di lavoro che aveva, specie in quel tempo, e perché tacerlo? provai anche contentezza quando mi fece recapitare a casa il suo manoscritto, dove, tra le tante nozioni inedite ferroviarie, passava in rivista un folto gruppo di personaggi risorgimentali che si erano interessati ai loro tempi alla vaporiera , ponendo in evidenza il suo Massimo d'Azeglio. In così variata dottrina, mi colpì piacevolmente, quasi a chiusura, una noterella personale che desidero riportare fedele al testo. Forse perché figlio di uno della "famiglia ferroviaria" riuscii a sfuggire alla prigionia tedesca all'indo­mani dell'8 settembre, quando il capostazione di Orvieto, che nel mio cogno­me aveva identificato mio padre, suo giudice al concorso per l'ingresso nella carriera, offrì a me e a un mio collega di tornare a Roma su una locomotiva, unico mezzo rimasto... .
Ultimata la tipografia la stampa del libro, mi accinsi a spedirne qualche copia al Ghisalberti, ma desideravo, in qualche modo, con un gesto, un segno, una frase manifestargli la mia gratitudine, evitando la retorica, senza banalità. Una sera, ricomponendo le mie carte, che uno spirito folletto scomponeva disordinatamente in tempi pressoché ciclici, lo sguardo si posò su una lettera della signora Fede, che rispondeva ad una mia alla fine della guerra. Ella mi ringraziava per l'interessamento che avevo avuto per la salute sua e di suo marito, mi esternava l'amarezza per la sorte infausta della Patria e mi confidava l'ansia che aveva provato per il fratello ancora una volta in grigio-verde. Pensai allora d'inviargli, insieme ai libri, la lettera della sorella, pregandolo di restituirmela, aggiungendo inoltre una bella foto­grafia che ritraeva due locomotive a vapore, in sosta su due binari paralleli