Rassegna storica del Risorgimento

BARBERA GASPERO; BARBERA PIERO; EDITORIA FIRENZE SEC. XIX-XX; F
anno <1988>   pagina <160>
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Gianfranco Tortorelli
precanti a Firenze e ai Fiorentini l'editore proponeva di comprendere con dignitoso contegno che la scelta del capoluogo toscano come capi­tale d'Italia lungi dall'entusiasmare i cittadini era un fatto ch'essi subi­scono quasi trasognati, che rompe le abitudini loro tranquille, che dalla gioconda città li sbalza nelle borgate. Firenze, dal Montaigne al Fosco­lo , aveva avuto sempre fama di mitezza e di civiltà ed era stata de­cantata a voce e in scritto dai viaggiatori stranieri tanto che molti di loro si adagiarono su queste ridenti sponde amandole non meno della loro patria. Essa non avrebbe potuto suscitare un così vasto consenso, non avrebbe potuto comprare e reggere una fama così ampia per tanti secoli se non avesse avuto nella sua storia e nella educazione dei suoi cittadini una attenzione alla sobrietà e alla tolleranza. Il solo rimedio quindi per Barbèra era quello di esimersi dai giudizi avventati riprendendo i modi dignitosi dei piemontesi apprezzati anche fuori dalla propria regione per il lavoro assiduo e intelligente, l'abnegazione, il sentimento del dovere, la forte tempra di subalpini .
Cambia e sì placa negli anni fiorentini la sua fame di letture: le nuove responsabilità della casa editrice, il rapporto continuo con gli autori gli imponevano di non trovarsi digiuno di letture quando discorreva coi let­terati di libri da farsi, o da esaminare, se fatti, per le ristampe. Gaspero non si rifugiava più in uno sgabuzzino per consultare, quando Le Monnier si assentava, la produzione della tipografìa, né gli potevano essere d'aiuto volumi come la vita del Cellini o la traduzione del Davanzati delle princi­pali opere di Tacito: era ormai giunto il tempo di avere ima guida, un punto di riferimento costante a cui rifarsi per impostare tutta la linea edi­toriale della nuova casa editrice, per legare umori e tendenze discontinui di autori e pubblico a una salda concezione del ruolo giuocato in quegli anni dall'editoria italiana. Lo studio dell'inglese gli consentì di conoscere e frequentare la numerosa colonia britannica residente a Firenze, di pro­curarsi lavori a stampa, di cambiare opinioni e ricevere notizie nei suoi saggi, ma soprattutto lo aiutò a leggere e tradurre numerosi articoli di giornali inglesi e a postillare per mio puro diletto, le Memorie che il dottor Franklin scrisse di sé . 43> Fu, come abbiamo sottolineato più volte, rincontro decisivo avvenuto, tra l'altro, quando Barbèra, all'età di trenta­due anni, attraversava un momento particolarmente difficile della sua vita e affrontava gli ultimi anni di rivalse e di screzi nel suo rapporto con Le Monnier.44) L'autobiografia di Franklin gli illuminò la via oscura, gli
*3> Lettere di Gaspero Barbèra, oit., p. 7; ma si veda anche il riferimento in G. BARBÈRA, Memorie di un editore, oit., pp. 21-22.
44) Scrive all'amico Bazzi nel 1849: L'occhio mio è troppo acuto, ho voluto scandagliare -troppo, e poi ho sentito ribrezzo e rimorso di aver alzato troppo la coriaria che misteriosamente e pavidamente cela in parte, le umane miserie, in Lettere di Gaspero Barbèra, eh., p. 8. Non ci soffermiamo nel nostro saggio sui rapporti tra Barbèra e Le Monnier sui quali esistono numerose testimonianze e accurate ricostruzioni: in parti­colare sono da vedere, per la lunga diatriba che oppose Le Monnier e Barbèra da un lato e Vieusseux e Tommaseo dall'altra. Il giudizio di Tommaseo secondo cui Le Monnier non è che il torchio della stamperia, l'altro [cioè Barbèra] il torcoliere, e il carteggio Le Monnier-Tommaseo dove sono esposte le ragioni della rottura e il tentativo di concilia­zione più volte tentato da Tommaseo, Contrariamente a quanto afferma COSIMO CECCUTI,