Rassegna storica del Risorgimento
BRIGANTAGGIO; LEGITTIMISMO EUROPEO 1860-1864
anno
<
1988
>
pagina
<
493
>
Libri e periodici
493
protagonista della trasformazione mancò totalmente un destinatario sociale per quella filosofia scientifica e civile. Ci fu, invece, un destinatario politico per la tradizione idealistica cui diede luogo l'originale trapianto dell'hegelismo operato dalla scuola di Napoli. Rilevante si dimostrò la sua influenza nella formazione del ceto politico che dovette gestire il nuovo Stato e le istituzioni che ne rispecchiavano l'autonomia. Grazie all'hegelismo, i liberali trovarono uno schema ideologico molto robusto per identificare il quadro storico hi cui operavano ed esercitavano la propria funzione dirigente.
Laicismo, statalismo, elitarismo intellettuale furono temi che derivarono direttamente da quell'esperienza e costituirono un'alternativa dì cultura e di costume rispetto alla tradizione cattolica ed al tipo di valori e di autorità cui essa era sempre stata partecipe. Attraverso una fondazione laica e razionale, il lavoro, la famiglia, l'amore, la vita comunitaria, l'arte, la scienza assunsero una dignità propria, non bisognosa di consacrazione sovrannaturale. Dall'impegno degli hegeliani scaturirono, infatti, il concetto della libertà della struttura statuale, forma suprema di eticità della vita sociale, da ogni interferenza religiosa, e l'idea della filosofia come coscienza critica che supera il livello dell'esperienza della fede. Tali problematiche sono state esposte approfonditamente nell'ampia introduzione al catalogo e nella prima sezione della mostra, intitolata La penetrazione dell'hegelismo nella cultura napoletana e la rivoluzione del 1848, dove viene documentata la lotta che gli hegeliani dovettero sostenere, non solo sul piano filosofico ma anche politico, contro i neoguelfi e, a livello locale, contro 11 coscienzialismo di Pasquale Galluppi. I primi proponevano piani antiunitari basati sulla federazione fra i principati sotto la guida del Papa. Galluppi ed i suoi seguaci, moderati e devoti alla monarchia borbonica ed alle sue illuminate riforme, non consideravano il problema napoletano nella più ampia prospettiva nazionale, ma lo chiudevano in un asfittico municipalismo. Gli hegeliani, all'opposto, indicarono tenacemente la via tutta diversa dell'indipendenza e dell'unità come obbiettivi prioritari. Risultò, quindi, naturale il loro incontro con il programma cavouriano.
Tuttavia la storia dell'hegelismo in Italia non si presta ad una ricostruzione lineare. I personaggi sono numerosi, le interpretazioni differenti, e ciò è ben rilevato nella sezione della mostra dedicata appunto all'hegelismo critico ed all'hegelismo ortodosso. Nei primi anni '60, dopo la rapida e radicale riforma condotta da Francesco De Sanctis, giungeva professore all'Università di Napoli Augusto Vera, già noto a livello internazionale (continui erano i riconoscimenti nei suoi confronti ad opera degli hegeliani berlinesi guidati da Rosenkranz e Michelet). Vera è stato giudicato un rigido ripetitore del pensiero di Hegel, un ortodosso che, per di più, studiava l'opera del maestro alla luce di un anacronistico platonismo: il sistema del filosofo di Stoccarda costituiva, per Vera, l'esposizione logica dell'Essere-Idea, che si contrapponeva al mondo del sensibile e del reale. Di qui la sua completa estraneità verso ogni forma di partecipazione alla vita politica e sociale nazionale.
Ma le figure dominanti dell'hegelismo italiano sono senza dubbio Bertrando e Silvio Spaventa, poiché essi soli elaborano un progetto filosofico che assume un senso storico, superando i limiti dell'esegesi accademica. La loro interpretazione, infatti, fornisce una coscienza ideologica all'unità nazionale italiana. Se le filosofie come aveva affermato Hegel rappresentano la rielaborazione concettuale dello spirito originario dei popoli, gli Italiani, nel momento in cui con il Risorgimento rivendicavano una propria storia, dovevano trovare anche una propria filosofia.
Bertrando Spaventa, costretto ad emigrare a Torino dopo il 1848 mentre il fratello scontava nelle galere borboniche le sue convinzioni liberali, incontrò grandi difficoltà d'inserimento nei. circoli ufficiali della cultura subalpina, prevenuta verso le teorie d'Oltralpe e tedesche in particolare. Significativo appare il vivace contrasto che lo oppose a Mamiani, Rosmini, Gioberti, da lui esplicitamente accusati di voler mantenere in una condizione di profonda arretratezza la filosofìa italiana. Essa, nella ricostruzione degli Spaventa, non poteva essere che quella di Bruno, di Campanella, di Galilei, nata come un atto di libertà delle coscienze di fronte all'autoritarismo spirituale e politico della Chiesa cattolica romana: da una parte i filosofi, dall'altra i loro carnefici. Tutti questi pensatori sono studiati con l'occhio ad Hegel. Ciò che conta, nella morale di Bruno, è l'autonomia umana dei valori etici, che costituiscono il significato della vita sociale; nella sua teoria la supremazia della