Rassegna storica del Risorgimento

RIVOLUZIONE FRANCESE; STORIOGRAFIA ITALIA
anno <1989>   pagina <9>
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Storiografia italiana e rivoluzione francese
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molti, determinando il formarsi di un altro tipo di giudizio storico, differente per le sue motivazioni oltre che, naturalmente, per le sue premesse.
Nell'ambito di larghi settori della cultura cattolica italiana, fino ad allora determinanti l'orientamento di vasti strati della pubblica opinione, l'immagine della rivoluzione francese, per la laicizzazione e la secolarizza­zione dello Stato e della società civile che aveva portato, per la rottura della tradizione religiosa e politica che l'aveva caratterizzata, per le modalità violente del suo verificarsi, era logicamente negativa. Non soltanto il Gioberti de II gesuita moderno ne rifiutava le premesse e le conseguenze pur negando i postulati dell'ordinamento d'antico regime basato sull'ine­guaglianza, di Stati, di ceti e di classi, ma anche uno scrittore come il Rosmini, nutrito, al di là di ogni maldestro tentativo di farne uno dei fautori di una sorta di conciliazione tra cattolicesimo e Risorgimento, di un sostanziale antiliberalismo, ne aveva dipinto le conseguenze ed i risultati in forma estremamente negativa, illustrando l'eversione di valori e di ideali e la distruzione di istituzioni che essa aveva portato. Una visione teologizzante ed insieme tradizionalista in senso confessionale della realtà politica non poteva accettare in alcun modo né giustificare lo svol­gimento della storia di Francia dopo l'Ottantanove e, quindi, era fatalmente portata ad allinearsi, al di là delle possibili attenuazioni e delle differenti formulazioni di giudizio, sulle più dure condanne formulate dall'abbé Borruel, dal De Maistre, dal Bonald ed in Italia, ripetute con toni diversi ma egualmente drastici da Monaldo Leopardi, dal principe di Canosa e dagli altri esponenti della reazione e della controrivoluzione italiana fino ed ancor oltre il gesuita Tapparelli d'Azeglio.
Non si può naturalmente fare di ogni erba un fascio e confondere così tra questi gli elementi di un pensiero cattolico-liberale più aperto e, quindi, coloro che, pur aderendo alle soluzioni costituzionali e rappresen­tative diffusesi naturalmente dopo le vicissitudini rivoluzionarie di Francia, dovevano in qualche misura conciliarle con una visione accettabile del loro processo genetico e, quindi, rendere ragione delle motivazioni per le quali tali soluzioni erano state dapprima indicate come possibili e poi accettate per l'Italia risorgimentale.
Indicazione ed accettazione presenti, ad esempio, in quei moderati subalpini di formazione cattolica come lo Sclopis, l'Albini e, naturalmente, il Balbo Della monarchia rappresentativa in Italia; quest'ultimo, pur non contraddicendo il proprio pensiero, finiva col farsi portavoce e difensore insieme di quella soluzione statutaria, derivata dall'esperienza politica travagliatissima vissuta in venticinque anni dalla Francia e culminata nel costituzionalismo del 1814 e del 1830, considerato bon gre mal gre il derivato ultimo o il precipitato storico di quello inaugurato dal processo rivoluzionario.
In simile contesto di notevole valore è la posizione di Alessandro Manzoni, autore dell'incompiuto saggio La rivoluzione francese del 1789 e la rivoluzione italiana del 1859 che per il suo contenuto ideologico e per il giudizio storico-politico che formula, appare estremamente problematico.