Rassegna storica del Risorgimento
RIVOLUZIONE FRANCESE; STORIOGRAFIA ITALIA
anno
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1989
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pagina
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13
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Storiografia italiana e rivoluzione francese 13
Retorica ed oleografia davvero non mancavano in queste raffigurazioni di maniera a sfondo ideologico-politico della stagione rivoluzionaria e del suo momento eroico; ma il positivismo largamente diffuso agiva da freno imponendo serietà interpretativa e rigore filologico nella ricostruzione dei fatti, come dimostrava egregiamente il volume dedicato da Gaetano Salvemini a La rivoluzione francese (1788-1792).
Con lui il discorso storiografico pareva distaccarsi dall'aggancio immediato con la realtà italiana per ricollegarsi direttamente e soltanto alla tematica francese quale appariva in quel momento riproposta dagli studi dell'Aulard e dall'interpretazione del Juarès al processo di modernizzazione rivoluzionaria avviato dopo l'Ottantanove e perseguito con la caduta della monarchia. Ma il parallelo tra l'ipotesi di una modernizzazione moderata di modello inglese, esaltata da Madame de Staél, da Constant da Guizot ed in genere dai critici della rivoluzione giacobina , che pur tanta udienza ebbero in Italia, e quella di una modernizzazione rivoluzionaria enfatizzata dai nostalgici e da coloro che idealizzavano il momento eroico vissuto dalla Francia fino a Termidoro, non poteva essere raccolto da Salvemini che pure, per le sue idee progressiste e socialiste, avrebbe dovuto schierarsi al fianco di questi ultimi. Troppo forti erano in lui le preoccupazioni storico-ricostruttive e la volontà di comprendere gli eventi nella loro effettiva sequenza per indulgere ad ipotesi preconcette.
E così, interpretando compiutamente la storia di Francia nel trapasso dall'antico regime alla rivoluzione, Salvemini spiegava il processo drammatico di una continuità intesa non già fatalisticamente come sequenza di fatti concatenati da un rapporto tra causa ed effetto, quanto, invece, come percorso seguito coscientemente dal terzo stato attraverso quella maturazione politica che lo portava necessariamente a sostituirsi nella detenzione e nella gestione del potere alla dinastia ed agli ordini privilegiati; ed era portato ad individuare nel 1792, anno della battaglia di Walmy, preludio dell'abolizione della monarchia tradizionale e della proclamazione della repubblica, l'ultima tappa della rivoluzione identificando nei fini giuridici, ossia negli atti formali, che ne costituivano l'effettivo programma, primo tra i quali la dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, i suoi obiettivi essenziali compiuti con la rapida distruzione della società feudale .
Discorso concreto ed estremamente realistico questo di Salvemini che, affrontando la tematica rivoluzionaria da una prospettiva in larga parte diversa ha aperto alla storiografia italiana un angolo visuale nuovo dal quale guardare al complesso ed articolato rapporto tra la penisola e la nazione d'oltr'Alpe dopo l'Ottantanove. Si tratta di un rapporto nel quale 21 fattore normativo ed istituzionale assurgeva ad elemento essenziale, dando contenuto e profondità al discorso, altrimenti spesso evanescente, sull'incidenza della rivoluzione in Italia, come dimostravano gli studi del Sabini, del Romano, del Pivano, del Rava e del Caristia sulle prime carte costituzionali, e come attestavano le rimessioni del Del Vecchio sulle dichiarazioni dei diritti e sulla nozione stessa che dello Stato si venne allora a creare.
Salvemini nella sua fatica si era fermato al 1792, ad un'epoca prece-