Rassegna storica del Risorgimento
RIVOLUZIONE FRANCESE; STORIOGRAFIA ITALIA
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1989
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pagina
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Carlo Ghisalberti
qua! giacobinismo francese uscito tutto o in parte dalla scena politica col 10 termidoro. Discorso destinato naturalmente, dopo la fine del secondo conflitto mondiale e la caduta del fascismo, a venire ripreso e ad essere arricchito da motivazioni sgorganti dal nuovo quadro ideologico e politico del paese.
In queste circostanze era -logico che la nuova valutazione dell'esperienza rivoluzionaria della fine del secolo diciottesimo recuperasse almeno in parte i giudizi che due dei maggiori esponenti dell'antifascismo militante italiano -sensibili alla problematica complessa e drammatica insieme della storia nazionale, il Gobetti ed il Gramsci, avevano formulato delle origini del Risorgimento e del rapporto tra questo e le vicende della Francia dopo l'Ottantanove: il primo nella sua visione di una più ampia e variegata rivoluzione liberale che aveva allora investito l'intera Europa incontrando, però, anche in Italia ostacoli tali da rendere quanto meno problematico il suo svolgimento ed il suo esito democratico, il secondo nella sua complessa concezione dei rapporti di classe e, al loro interno, della relazione tra borghesia e sviluppo capitalistico ed insieme nella sua interpretazione del ruolo che il giacobinismo eserciterà successivamente nella storia come modello di azione e di conduzione politica.
Si trattava di approcci destinati ad influenzare quella parte, piuttosto ampia, della storiografia italiana contemporanea tendente ad insistere reiteratamente sul tema delle deficienze e dei limiti del processo risorgimentale e sulle conseguenti carenze dello Stato liberale nato con l'unità d'Italia. Una storiografia questa che tendeva ad individuare nel fallimento dell'azione dei giacobini più radicali il primo di quegli insuccessi dell'elemento democratico nazionale che avrebbero avuto come corrispettivo il trionfo del moderatismo e della conservazione politica e, quindi, che avrebbero portato alla nascita ed allo sviluppo di uno Stato incapace di modificare gli assetti e gli equilibri sociali in un senso più avanzato. Di qui l'interesse per un personaggio come il Buonarroti largamente studiato dalla Onnis, dal Saitta e dal Galante Garrone e nel suo rapporto col Babeuf e gli Eguali e nella sua successiva azione politica. Di qui, ancora, l'indagine sulle persone e sulle tendenze più avanzate del triennio giacobino al cui pensiero ed alla cui azione, ancorché minoritari nel loro tempo, si attribuisce spesso una importanza primaria come precursori, sia pure alla lontana, degli esponenti e delle forze democratiche più aperte delle fasi successive della storia nazionale, dal partito d'azione al socialismo ed al comunismo. Di qui, infine, l'attenzione per certi programmi di politica sociale più radicali allora formulati in contrasto con l'atteggiamento realistico e cauto del Direttorio e delle classi dirigenti delle diverse repubbliche, naturalmente non apprezzato o sottovalutato per l'assenza di contenuti più innovativi e per ila linea solo lievemente riformistica.
Che queste siano le caratteristiche principali di tale tipo di storiografia non v'è dubbio e che essa abbia in qualche misura contribuito alla conoscenza delle origini dei movimenti demooratici susseguitisi nel corso della successiva storia d'Italia è indiscutibile, anche se non sembra facile