Rassegna storica del Risorgimento

PIEMONTE RIFORME CARCERARIE 1835-1857; VEGEZZI-RUSCALLA GIOVENA
anno <1989>   pagina <23>
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Vegezzi-Ruscalla e le riforme carcerarie
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supposto comune: la necessità di evitare il contatto tra i detenuti, causa primaria della corruzione e, conseguentemente, dell'aumento del preoccu­pante fenomeno delle recidive.6) In Italia, tra i maggiori protagonisti del­la polemica fra le due fazioni si distinsero Ilarione Petit ti di Roreto e Carlo Cattaneo. Il primo, membro del Consiglio di Stato piemontese, era senza dubbio tra i maggiori esperti europei del problema carcerario; autore di numerosi scritti teorici alla cui base non vi era soltanto una perfetta conoscenza di quanto sull'argomento era stato pubblicato, ma anche e soprattutto numerose ispezioni effettuate in prima persona non solo nelle carceri della penisola, ma anche in numerosi istituti stra­nieri Petitti può essere annoverato tra i fautori del sistema aubur-niano (con alcune aperture, però, anche al modello fìladelfiano, come si vedrà meglio oltre). Come si evince dalla lettura del suo scritto più im­portante sull'argomento, Della riforma delle carceri e dei mezzi per mi­gliorarla. Trattato, egli considerava il miglioramento morale dei dete­nuti lo scopo principale da perseguire attraverso la riforma carceraria, coerentemente con la sua visione cattolica della pena: la rieducazione prima di tutto, la quale doveva procedere attraverso il lavoro collettivo (seguendo la regola del silenzio assoluto), l'obbedienza totale alla disci­plina dell'istituto e, non ultima, la pratica della preghiera collettiva. Va detto, poi, che dal punto di vista strettamente economico, l'attuazione pratica del sistema aubumiano era indubbiamente meno gravosa per le disastrate casse dello Stato piemontese rispetto a quella richiesta per il fìladelfiano, necessitando di spese minori sia per il riadattamento che per la costruzione di nuovi reclusori. Come si è detto, comunque, Pe­titti non era un sostenitore acritico del modello aubumiano; egli pro­pendeva piuttosto per un sistema misto, una sorta di sintesi tra le due regole, indicando pertanto per i detenuti in attesa di giudizio e per i condannati a pene brevi (vale a dire inferiori ai due anni) l'isolamento continuo, in quanto a suo avviso per essi mancavano sia il tempo che le possibilità di giungere a risultati soddisfacenti attraverso un intervento rieducativo, e prevedendo invece per le pene più lunghe l'applicazione della segregazione cellulare soltanto nelle ore notturne.
Di avviso completamente diverso era Carlo Cattaneo, il quale aveva
*) D. MELOSST - M. PÀVÀRINI, Carcere e fabbrica. Alle origini del sistema peniten­ziario, Bologna, 1977, p. 92. Sulla contrapposiizone in Italia tra i sostenitori delle due opposte discipline d'internamento, si veda A. CAPELLI, La buona compagnia, cit., pp. 184-211.
7) Le prime ispezioni risalgono al 1817-18, periodo in cui Petitti ricopriva la carica di vice-intendente generale della Savoia; altre furono effettuate ad Asti (sempre in qualità di vice-intendente) nel 1819 e nella città di Cuneo, dove nel 1826 era stato nominato intendente. Divenuto membro nel 1831 della sezione Affari interni del Consiglio di Stato, continuò ad occuparsi del problema carcerario in qualità di commissario regio, effettuando anche, tra il 1836 ed il 1839, una serie di viaggi all'estero ed in altri Stati italiani, i quali tutti gli fornirono un quadro abbastanza dettagliato della situazione carceraria europea, P. CASANA TESTORE, Le riforme carcerarie in Piemonte, cit., p. 311.
) Torino, 1840; parte dello scritto era già stalo pubblicato l'anno precedente, con lo stesso titolo, nel Subalpino.