Rassegna storica del Risorgimento
RICCI VINCENZO ; V
anno
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1921
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pagina
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260
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280
JSUO-BNIO PASSAMONW
furono allora edite (42) ed egli nauseato e stanco non continuò la sua opera e si limitò, scrittala prima, che noi pubblichiamo, ad abbozzar la seconda e tracciare le seguenti, che riprese in altri tempi e diverse condizioni di spìrito. B fece bene* dedicando invece la sua attività ad una storia della rivoluzione piemontese, con criteri prettamente scientifici, cercando di rappresentare i fatti, nella lor realtà, anche se essi avesser potuto tornargli di danno. Compiute le sue memorie, che costituiscono forse la miglior narrazione dei moti del 1821, egli passò ad altri studi, inizio fecondo di tutta la sua opera gigantesca di pensatore. Ma il germe di quest'opera era racchiuso nella prima delle sue lettere così malamente impedite nella loro graduale esplicazione, perchè vi gettava le basi di quel che sarebbe stato il suo programma italico nei trent'anni di lavoro ohe lo attendevano. Cesare Balbo, diversamente dai grandi suoi contemporanei, che con lui dovevano liberare l'Italia, ebbe, fin dal principio della sua azione politica, la visione netta di quel che si sarebbe dovuto fare per giungere alla indipendenza della patria: e mentasi gli uni e gli altri si dibattevano in profonde crisi di coscienza e di dubbi, egli vedeva fin d'allora, dinanzi a sé, diritto e diffuso di luce il suo cammino. E noi, non per amore particolare dell'uomo, ma per coscienza di indagatori spassionati, possiamo asserire, ohe dalla lettera del 10 aprile 1822, talvolta incerta nello sviluppo del pen-siero, che risente di questa incertezza nell'espressione spesso tortuosa anche inesatta, se non ingiusta in alcune valutazioni di persone e di fatti, delle quali lo stesso autore avrebbe un giorno compiuta ammenda onorevole, abbiamo la Sensazione di trovarci di fronte a qualcosa di sostanzialmente concreto. In quei giorni di vaniloquio e di retorica,, di idealismi e sogni vani, Cosare Balbo, per la sua indole e per la sua educazione, eliminando da sé il portato naturale dei tempi, emendandosi dalle colpe commesse, tracciava, agli Italiani, una norma di vita la quale, ritrovandola Bua ragion d'essere nella costituzione storica della nostra razza, nella sua origine e nella sua evoluzione, distruggendone ciò che vi avevano infiltrato la importazione straniera ed una folle mania di imitazione delle mancanze altrui, avrebbe condotto l'Italia alla salvezza, restituendole la sua forza e la sua dignità.
EUGENIO PÀSSAMONTI.
(42) Una di esso Ja quarta fu pubblicata nel 1855 in Firenze per i tipi del Lemonnier nello Lettera di polìtica e di letteratura di CBSASE SALDO.