Rassegna storica del Risorgimento

EBREI ITALIA 1848-1931
anno <1989>   pagina <491>
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SULLA CONDIZIONE GIURIDICA DEGLI EBREI IN ITALIA M
DALL'EMANCIPAZIONE ALLA PERSECUZIONE*
Costretto a regolare unilateralmente i propri rapporti con la Chiesa cattolica per il totale rifiuto pontificio ad ogni soluzione di compromesso e di avvio a una sia pur parziale e larvata conciliazione lo Stato italiano, con la Legge delle Guarentigie, offrì, come è noto, alla nazione e al mondo una prova di civiltà e di coerenza ai princìpi che ne avevano guidato dal 1848 in poi l'azione politica. Ispirate fondamentalmente dalla tesi cavouriana della necessità per lo Stato di assicurare l'indipendenza alla Santa Sede e dalla opportunità di offrire la piena libertà alla Chiesa cattolica in Italia, dopo che l'unità nazionale fosse stata realizzata con l'eliminazione del potere temporale dei papi, le Guarentigie sembravano realizzare sul piano normativo i princìpi del separatismo. Il conflitto tra lo Stato, subalpino prima italiano poi, sviluppatosi per un ventennio, dalle leggi Siccardi alla liberazione di Roma, aveva di fatto implicato spesso il ricorso da parte del governo italiano a misure dal contenuto giurisdizionalista o addirittura regalista, giustificate peraltro data la vee­menza dell'opposizione cattolica, intransigentemente reazionaria, antiliberale e temporalista. Tuttavia, alla fine del processo unitario, in ossequio ai princìpi liberali che ne ispiravano l'azione politica, lo Stato nazionale si adoperò per la realizzazione di uno schema fondato sulla distinzione della sfera ecclesiastica da quella politica e civile aderendo così senza equivoci alla visione separatista della cosa pubblica che tendeva a fare della religione, della appartenenza alla Chiesa e della pratica confessionale essenzialmente un fatto di coscienza del tutto irrilevante per la condotta dello Stato nei confronti dei suoi cittadini.
Questa distinzione tra le due sfere non era, però, facilmente costrui­bile, anche per la presenza della norma statutaria che attribuiva alla religione cattolica il carattere di religione di Stato, facendone una con­fessione religiosa privilegiata con una sorta di crisma di officialità nel­l'ordinamento giuridico, in pieno contrasto con la mentalità laica, seco­larizzante e non teologizzante del moderno liberalismo. Ed era proprio riflettendo tale mentalità che i costituzionalisti del tempo si erano sforzati di limitare con la loro interpretazione la portata di tale norma sotto­lineando sia la parificazione di tutti i culti di fronte alla legge sulla
' Questo scritto riproduce nelle linee essenziali il testo di una relazione, letta il 12 giugno 1989 a Siena al IV Congresso Italia fudalca.