Rassegna storica del Risorgimento

EBREI ITALIA 1848-1931
anno <1989>   pagina <495>
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Gli ebrei in Italia
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non si erano inquadrate in una precisa ed organica visione di un articolato sistema normativo e costituzionale sul quale dovevano essere poste le garanzie per le confessioni religiose e la tutela per i diversi credenti in esse. L'umanitarismo superiore ed il sentimento di redenzione civile e di liberazione umana che le ispirava apparivano spontanei ed immediati, ten­denti, infatti, all'abolizione di un'infamia ereditata da un passato oscu­rantista intessuto da dolori e sofferenze, non però coordinate ad un fine consapevolmente meditato.*)
Né il coordinamento ad un simile fine poteva apparire in troppa evidenza dalla lettera delle norme che seguirono -l'editto di emancipazione in quanto costituivano una legislazione piuttosto frammentaria caratterizzata almeno all'inizio solo dall'idea di adeguare lo status degli appartenenti alla minoranza religiosa ebraica viventi nel Regno di Sardegna ai princìpi di eguaglianza civile e di libertà politica sanciti espressamente o richiamati implicitamente dallo Statuto. Così, infatti, sin dall'emanazione della fonda­mentale legge del 19 giugno 1848, n. 735, che nel suo articolo unico affermava la differenza di culto non forma eccezione al godimento dei diritti civili e politici ed all'ammissione alle cariche civili e militari l'opinione liberale più avanzata trasse il convincimento che, pur cadute le discriminazioni e le restrizioni del passato e pur affermandosi come principio d'ordine generale l'eguaglianza di tutti di fronte alla legge, con­tinuava a sussistere una certa contraddizione tra le disposizioni statutarie e legislative formalmente privilegianti la religione e la Chiesa cattolica e l'assetto normativo riservato agli altri culti. Contraddizione, peraltro, progressivamente attenuata dal completamento di tale assetto normativo, non mai, però, del tutto caduta almeno sino alla promulgazione della Legge delle Guarentigie che, sostanzialmente, pareva realizzare l'auspicato principio separatistico. Ciò si poteva evincere dallo stesso iter formativo di questa e, più esattamente, dalla caduta, decisa in sede parlamentare, del suo famoso titolo II, elaborato e contenuto nel contro-progetto Crispi e facente espresso riferimento al tema Della libertà di coscienza e di culto, ritenuto dalla maggioranza liberale-moderata ormai del tutto super­fluo perché largamente conseguito nella prassi normativa, giurisprudenziale ed amministrativa. Comunque, negli anni che seguirono il Quarantotto, le norme riguardanti le minoranze religiose e, quindi gli ebrei italiani, erano state molte e tutte di ispirazione liberale: così l'art. 18 della legge generale sulla stampa del 26 marzo 1848, che puniva indistintamente l'oltraggio a qualsiasi culto; l'art. 12 della Legge 4 marzo 1848 che esonerava dal servizio nella Guardia Nazionale i ministri di ogni religione diversa dalla cattolica; l'art. 15 della Legge 23 maggio 1851 che esentava dal pagamento delle imposte le case di abitazione di tutti i ministri di culto; le norme della legge Casati del 1859 che dispensava gli alunni israeliti dall'insegnamento
8) Sulla pubblicistica in favore doli'emancipazione ebraica, vedi, tra gli altri, A. M. QHISALBERTI, Massimo e Roberto d'Azeglio per l'emancipazione degli Israeliti in Piemonte, in Rassegna mensile di Israel, 1979; e C. GHISALBERTI, Riflessi delle Interdizioni israelitiche di Cattaneo sulta seconda emancipazione degli Ebrei d'Italia, in Studi Gualazzini, Milano, 1982, voi. II, p. 233.