Rassegna storica del Risorgimento
GARIBALDINI; NIEVO IPPOLITO
anno
<
1989
>
pagina
<
512
>
512
Paolo Mario Sipala
e leva, leva e imposte questo è il miglior mezzo d'educazione (pp. 117-118), egli suggerisce, anticipando una linea di governo che darà fratti ancora più nefasti, nell'Italia post-unitaria.
Sarebbe beato di cambiare i destini della Sicilia con l'aria frizzante dei paesi suoi (p. 98); ma è anche vero che lo disgustano le accuse di ambizione e di tradimento che piovono dai giornali di Piemonte e Lombardia e da Milano il 22 gennaio '61 scriverà all'Acerbi: Milano questa volta mi ha nauseato giungo quasi a desiderar Palermo (p. 124).
Questo stralcio, abbastanza esauriente, anche se non esaustivo, di impressioni ed opinioni, consente qualche osservazione.
In primo luogo le nuove fonti di cui Benedetto Croce non disponeva consentono di rettificare l'immagine che egli dette del Nievo: la sua tacita sparizione dal mondo nel momento del trionfo e del plauso assume l'aspetto di un simbolo e sembra chiudere degnamente quella vita austera .2)
Il Nievo disperso nel Tirreno non era, ahimé, un protagonista del trionfo garibaldino, ma il portatore di una precoce delusione personale, essa sì destinata a simbolo di una delusione storica e politica.
In secondo luogo si offre la possibilità di un confronto con le altre fonti memorialistiche di quei fatti, le noterelle del ligure Giulio Cesare Abba Da Quarto al Volturno e I Mille del toscano Giuseppe Bandi, per verificarne il fondamento comune e le reciproche differenze attraverso un sistema di riscontri incrociati.
Nel volume del Bandi, ad esempio, è pure registrata la sconcertante accoglienza di Marsala ai Mille (come cani in chiesa) e la difficoltà di capire gli indigeni nella loro africanissima favella ; però si accenna ad una spiegazione: quella gente colta di sorpresa, non aveva capito un'acca del grande avvenimento .3>
Anche a Giulio Cesare Abba lo sbarco a Marsala parve l'ingresso di una città araba ; egli nota certe casuccie dove la miseria si ridestava nelle stanze terrene semiaperte e schifose , quelle solitudini dove l'occhio non trovava confine, a larghe distanze, appena animate da qualche capanna di pastori, o da branchi di cavalli sciolti .4> A proposito del contributo delle squadre dei picciotti siciliani, il Bandi annota prima la delusione per il fatto che gli innumerevoli insorti promessi dai giornali di Genova e di Lombardia e di Torino [...] ora si riducevano a poche diecine di fuggiaschi, erranti per le montagne ; ma riporta subito dopo la spiegazione del garibaldino siciliano Giuseppe La Masa: i marsalesi han paura e non hanno tutti i torti. Essi sanno che noi non dobbiamo fermarci qui, e che partiti noi, i borbonici sbarcheranno e torneranno padroni della città [...]. La rivolta fu spenta, ma a riaccenderla basta un fiammifero .5)
2 B. CROCE, La letteratura della nuova Italia, I, Bari, Laterza, 1967?, p. 116.
3) G. BANDI, / Mille, Intr. e note di L, L. Russo, Messina-Firenze, D'Anna, 1960, p. 98.
4) G. C. ABBA, Da Quarto al Volturno, intr. e note di L. BIANCHI, Bologna, Zanichelli, 1939, pp. 52-57.
5) G. BANDI, op. cit, pp. 115-116.