Rassegna storica del Risorgimento

GARIBALDINI; NIEVO IPPOLITO
anno <1989>   pagina <514>
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514 Paolo Mario Sipala
ha scritto romanzi, ballate, tragedie. Sarà il poeta soldato della nostra impresa. Lo vidi rannicchiato in fondo alla carrozza, profilo tagliente, occhio soave, gli sfolgora l'ingegno in fronte: di persona dev'essere pre­stante. Un bel soldato.*)
Piuttosto che il destino di poeta-soldato toccò a Nievo quello di vice intendente delegato e ciò è molto probabilmente il motivo che pro­duce una divaricazione tra l'ottica di lui, amareggiata e risentita, e quella dei memorialisti garibaldini più disponibili all'entusiasmo dell'impresa epica e alla commozione lirica {come l'Abba) o più partecipi del disegno strategico e del piano politico garibaldino e/o mazziniano (come Giuseppe Bandi).
Anche qualche pagina divertita in cui Ippolito rappresenta sé e i suoi commilitoni come conquistatori in Palermo, quasi americani nell'Italia del dopoguerra tra paisà e sciuscià (Ho una zimarra rossa che sembro un Generale di Napoleone il grande, ed una spada coll'impugnatura d'oro (in confidenza è ottone indorato) che fa gola a tutti questi ladroncelli siciliani, compresi i Principi e le Principesse. Per un tari si va in carrozza un'ora intiera; noi siamo sempre in carrozza; per un carlino si piglia una libbra di pezzo duro; noi pigliamo pezzi duri tutto il giorno; con un paio di riverenze si entra nei parlatori a chiacchierare colle monache, noi siamo tutti i dopo pranzi a far visita alle monache. Ho conosciuto una certa Suor Agostina che è terribile per far la crema al fico d'India. Ce ne fa mangiare anche dopo pranzo tanto è buona) (p. 20), non può far dimenticare il contesto della lettera in cui è ripetuto un giudizio duro, negativo sulla città e la sua gente.
Diversa, inoltre, la formula della comunicazione. Nei due memorialisti scelti al confronto, ricordi autobiografici, dettati a distanza di anni dagli avvenimenti, in un clima già post-risorgimentale in cui occorreva ricordare i sacrifici della generazione eroica che aveva fatto il Risorgimento a quella generazione cauta, quasi mercantile (secondo la definizione di Giovanni Bovio) che gestiva con miopia e senza tensione morale lo Stato unitario nato dal Risorgimento.
In Nievo, invece, la forma epistolare, un diario privatissimo, la regi­strazione immediata del quotidiano, una comunicazione diretta a poche persone care. Da ciò l'abbandono confidenziale e la prevalenza data alla descrizione degli umori personali, che erano spesso malumori.
La costruzione di un'autobiografia attraverso le lettere è operazione possibile, ma rischiosa. L'ha tentata Claudio Varese per Foscolo, Vittorio Parmentola per Chiostergi, componendo attraverso le lettere di costui alla fidanzata di Diario di un garibaldino, alle Argonne nel 1914, uno di quelli che per combattere non avevano aspettato il 24 maggio e il mormorio dei Piave.
Ma sempre in queste circostanze è necessario ricordare l'incidenza prodotta dalla diversa destinazione del testo che è pubblica nelle auto­biografie e nelle memorie, mentre nella comunicazione epistolare non fan-
fi) Ivi, p. 88.