Rassegna storica del Risorgimento
GARIBALDINI; NIEVO IPPOLITO
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1989
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Libri e periodici
persistere, aiutandoci così a conoscere la Capitanata, U suo paesaggio, le sue comunicazioni, cioè i prerequisiti geografici e fisici di qualsiasi vicenda sociale, più istruttivamente di quanto non possa risultare dalla documentazione consueta, e men che meno dagli inutili lamenti di ieri e di oggi.
RAFFAELE COLAPIETRA
SILVIO LANARO, L'Italia nuova - Identità e sviluppo 1861-1988', Torino, Einaudi, 1988, in 8, pp. 257. L. 16.000.
Non è evidentemente possibile dare conto sia pure sommario di un libro scintillante e spregiudicato come questo, che ha già risposto più che efficacemente alle non poche aspettative, e che come pochi altri provoca alla discussione di costume e di cultura, ancor prima che ideologica o anche storiografica in senso stretto, mantenendosi nelle rigide coordinate cronologiche consuetudinarie alla rivista.
L'A. parte infatti, e non potrebbe fare altrimenti, da uno spoglio giornalistico tagliente e puntuale intorno all'Italia d'oggi ed alle sue spettacolari contraddizioni, ricchezza ma delinquenza, emancipazione ma ignoranza e conformismo, e così via, fino al rifiuto della norma e dello schema che fa convivere esibizionismo e parsimonia, e giustifica la permanenza di fenomeni anacronistici come la mafia (perché la logica alla supplenza allo Stato è rimasta la stessa anche se l'ambiente è cambiato, la decisionalità immediata e presente del moderno mafioso come dell'antico feudatario sostituisce la lontananza del re e l'assenza di Dio) per interrogarsi sulle caratteristiche senza dubbio atipiche di codesto processo modernizzatore, e per farlo, ecco il punto, come storico che adempie ad un suo compito specifico e primario che va ben oltre i debordamenti antropologici e sociologici dell'apologia dell'industrialismo o, all'opposto, della vistosa simpatia per tutto ciò che è marginale .
Ecco perciò, su un sottofondo alla Prezzolini che non è mai esplicitato ma che si avverte ben distintamente, la ricerca di pezze d'appoggio significative ed originali nell'indispensabile viaggio a ritroso nel costume nazionale fin su ai tempi dell'unità, un flash-back in cui il qualunquismo di Giannini ed il rigorismo presbiteriano del Ponte (un altro nome che non è fatto, ma che fa un po' da coagulo per l'Italia di minoranza ) si coniugano al salotto ottocentesco quale riflesso di un'opinione pubblica immatura, la particolarissima politicità dell'imprenditore si risolve in un suo sostanziale scollamento, in una solitudine più o meno esemplare nei confronti della società, il gonfiamento artificiale del ceto medio e la meridionalizzazione del pubblico impiego, nel loro comune tournant giolittiano, anticipano e in un certo senso determinano il fallimento dell'ultimo grande messaggio illuministico, quello degli urbanisti fra tardo fascismo e secondo dopoguerra,
In questa ricerca, la cui tensione socio-ideologica va progressivamente allentandosi nell'individuazione di teste di turco che può facilmente rimaner fine a se stessa, fik, ha a monte, come si suol dire, un referente d'eccezione in Leopardi: ed è molto istruttivo questo richiamo che accomuna l'A., ad esempio, agli analoghi studi che va conducendo Augusto Placanica, perché dimostra che tra i grandi punti di riferimento ottocenteschi per l'analisi iniziale dell'iter di cui oggi percorriamo le tappe scottanti De Sanctifl ha dato tutto quello che può dare e Cattaneo non più di tanto; entrambi si avvertono abissalmente lontani, non in grado d'intrecciare un discorso attualissimo come invece Leopardi e gli altri che chiameremo moralisti dell'illuminismo su cui si sofferma l'A., da Aristide Gabelli ai critici del ruolo unificatore di Roma e di Milano (a quest'ultimo proposito ci sarebbero da fare delle distinzioni, Milano non unifica