Rassegna storica del Risorgimento
GARIBALDINI; NIEVO IPPOLITO
anno
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1989
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pagina
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529
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Libri e periodici 529
e di durevole è avvenuto nel frattempo, una frattura, più o meno strumentalizzata dal Borbone, ma comunque obiettiva, che induce la borghesia ai primi atti di ostilità contro gli interessi popolari, sfociati dopo l'unità in un vero e proprio sistematico colpo di mano .
Quali le origini di questa frattura, svolta, cambiamento di fronte, o come lo si voglia chiamare, che ha reso definitivamente estranei, se non proprio ostili, i contadini al Risorgimento, mentre erano stati parte integrante del Quarantotto?
Questo è il problema, ed è qui che il demanio acquista tutto il suo ruolo di discrimen, di segno di contraddizione, per indurre i liberali a non mantenere e non realizzare le loro promesse quarantottesche, per far sottentrare la realtà del blocco agrario ad un molto ipotetico ed ottimistico blocco popolare , quelle troppo lunghe e troppo tenaci inadempienze ed ostilità frapposte al lento cammino della questione demaniale, spesso disseminate ad arte ed intenzionalmente per tutto il corso del secolo passato che l'A. riconosce con onestà e lealtà, senza però individuarne i responsabili, nel che, ripetiamo, està el busillis.
RAFFAELE COLAPIETRA
ALFREDO CANAVERO, Albertarìo e L'Osservatore Cattolico*', Roma, Edizioni Studium. 1988, in 8, pp. 264. L. 22.000.
H volume fa parte di una collana diretta da Fausto Fonzi e Claudio Vasale nei cui criteri d'assieme ben s'inquadra, quanto a solidità d'impianto scientifico, chiarezza di dettato e felicità di scelta antologica, anche se la prospettiva orientativa e sussidiaria che la collana si propone viene in questo caso a dover essere obiettivamente trascesa dalla circostanza, sorprendente e deplorevole, dell'inesistenza a tutt'oggi di ima monografia critica vera e propria così sul personaggio come sulla testata giornalistica, la cui notorietà pur travalica di gran lunga le mura di Milano.
Appunto per questo, per essersi trovato ad affrontare con impostazione moderna un tema affidato fin qui all'onesta rievocazione biografica del Pecora o alle tutt'altro che serene e disinteressate controversie tra i nipotini dei conciliatoristi e quelli degli intransigenti, protrattesi per motivi contingenti ma assai corposi lungo un trentennio, dal primo fascismo a Paolo W, appunto per la novità dell'impresa, dicevamo, l'A. avrebbe forse fatto bene a liberarsi da ima sorta di timidezza municipalistica, per cosi chiamarla, nei cui limiti è un po' circoscritta e qua e là soffocata la narrazione, conferendole un respiro più arioso, quel riflesso intenso ed assiduo di vicende nazionali ed internazionali che in un polemista di razza come Albertarìo, un giornalista che era anche sacerdote , quale lo definisce ottimamente l'A., si rinviene senza dubbio con originalità ed abbondanza non comuni.
Il giornale, quanto ad esso, nasce col 1864, allorché Davide diciottenne sta per lasciare il natio agro pavese per andare a studiare alla Gregoriana, un soggiorno romano che, a quanto pare, salva l'indefettibile fedeltà al pontefice in quanto tale, non operò su di lui, culturalmente e spiritualmente parlando, con particolare efficacia.
Quello dell'Osservatore è un incontro-scontro col Carroccio, nato un mese prima con la collaborazione, tra gli altri, del giovanissimo Cavallotti ma soprattutto di quell'abate Stoppasi il cui chiaroscuro polemico con Albertarìo in chiave rosminiana più che concili a toriata in senso stretto, alla Passaglia, ò una delle chiavi interpretative culturali del cattolicesimo milanese di fine Ottocento su cui varrebbe la pena maggiormente d'insistere, al pari di quello dell'arcivescovo Calabiana sul piano più propriamente ecclesiastico e disciplinare.