Rassegna storica del Risorgimento

GARIBALDINI; NIEVO IPPOLITO
anno <1989>   pagina <531>
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Libri e periodici
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Ezio FERRANTE, La sconfitta navale di Lissa (I Libri del Tempo, 51); Roma, Vito Bianco Editore, 1985, in 16", pp. 159. IL 15.O00.
Alberto M. Ghisalberti, ricordando il centenario della terza guerra d'indipendenza del 1866, scriveva: L'Italia chiamata alla sua prima grande prova come Stato unitario, non aveva retto allo sforzo. La troppo recente unità, con tutti i suoi problemi interni ed internazionali, aveva fatto sentire il suo peso. Le difficoltà del processo di unificazione politico-amministrativa, dopo l'impetuoso balzo del triennio 1859-1861, si erano ripercorse su tutto l'andamento della vita nazionale: l'Italia una non aveva potuto cancellare d'un colpo le diversità e le insufficienze dell'Italia divisa .D
Gli aspetti negativi evidenziati dal Ghisalberti ebbero riscontro nel funzionamento dei vari organi del nuovo Stato. In particolare la Regia Marina, su cui si appuntavano le speranze nazionali di vittoria, dopo l'umiliazione di Custoza, ebbe a soffrire di questo gravoso carico di speranze e di illusioni e, infatti, nelle acque di Lissa subì un'inaspettata sconfitta dalla flotta austriaca guidata dal Tegetthoff.
Un segnale non confortante di quanto poi sarebbe accaduto era stato percepito sfai dal maggio 1866 dall'ammiraglio e senatore Carlo Pellion, conte di Persano, che assumeva a Taranto il comando delle navi italiane. Il nuovo comandante aveva di fronte una flotta eterogenea per armamento e per qualità, equipaggi insufficienti e privi dell'indispensabile confidenza con le unità d'imbarco. Per aver tempo di risolvere tale confusa situazione, l'ammiraglio scriveva al ministro della Marina Angioletti, chiedendo almeno tre mesi di tempo per sanare le deficienze e utilizzare tutta la potenza di cui la flotta poteva disporre, malgrado tutto. Le cause della scarsa efficienza del funzionamento dell'organismo navale erano soprattutto dovute alla mancanza di coesione tra le diverse componenti regionalistiche della Marina, che, nata nel 1861 dalla fusione delle flotte sarda e napoletana, era priva di compattezza e solidarietà di corpo, specialmente Ira gli alti gradi, divisi da ambizioni e reciproche gelosie. Ecco il vice-ammiraglio Albini che non nasconde il proprio rancore nei confronti del comandante in capo; il contrammiraglio Vacca che nutre sentimenti di ostilità nei riguardi di Albini e Persano e questi, infine, che ricambia con gli stessi sentimenti il Vacca. Alla luce degli atteggiamenti tenuti da questi responsabili prima e durante lo scontro nell'Adriatico, possiamo affermare che il clima sopra descritto fu una delle cause della sconfitta di Lissa, poiché l'interazione fra le tre squadre previste dal Governo presupponeva invece la massima collaborazione e la stima reciproca. I tre alti ufficiali, infatti, che assumevano il comando delle squadre in cui la flotta era stata divisa (il Persano, fermo restando il comando supremo, guidava le unità più moderne, l'Albini e il Vacca comandavano rispettivamente i legni e le corazzate di vecchia data) non dimostravano alcuna intenzione di superare i contrasti di fronte all'imminente pericolo di uno scontro il cui esito poteva essere imprevedibile. A rendere ancor più incerto il risultato dell'operazione navale, contribuiva il mancato coordinamento tra Esercito e Marina per la contrarietà del gen. La Marmora ad effettuare le azioni diversive lungo la costa dalmata e nel bacino danubiano-balcanico,2)
f) ALBERTO M. GHISALBERTI, 11 fatate sessantasei, in Storia Illustrata, n. 103, voi. XVI, giugno 1966.
2) PIERO PIERI, Storia militare del Risorgimento, guerre ed insurrezioni, Torino, 1962, p. 765. La Prussia, alla vigilia della guerra del 1866, aveva presentato al governo di Firenze uno studio redatto dall'insegnante dell'Accademia militare di Potsdam, von Bernhardi, nel quale egli progettava, nel quadro di un'azione coordinata delle forze prussiane a nord e di quelle italiane a sud, una spedizione garibaldina sulle coste dalmato-isrriane, in concomitanza con l'insurrezione magiara, ivi, pp, 750-751. Per un