Rassegna storica del Risorgimento
GARIBALDINI; NIEVO IPPOLITO
anno
<
1989
>
pagina
<
539
>
Libri e periodici
539
favoriva il matrimonio, attenuando le conseguenze delle violenze e agendo come deterrente per non smarrire la retta via. Data la situazione si comprende perché la società civile, più sensibile in ciò della classe politica (la proibizione ufficiale della ruota avverrà, infatti, in Italia solo nel 1923), non ritenesse né sufficiente, né giusto che i gettatelli venissero superficialmente accuditi e, dopo un certo periodo, in pratica nuovamente abbandonati. L'affermarsi di una diversa concezione dell'infanzia imponeva ormai di difendere in ben altro modo i diritti di questi bambini rifiutati. In conclusione, la ricerca di Giulia Di Bello contribuisce a farci scoprire una realtà oggi perfino difficile da immaginare: l'impegno e le carenze della burocrazia assistenziale, il mondo della campagna toscana del secolo scorso, i costumi educativi dell'epoca. Vogliamo rilevare, infine; la cura con cui è stata approntata la ricca bibliografia sull'argomento specifico e su quello generale della storia dell'infanzia che chiude il piccolo ma prezioso volume. Unitamente ai puntigliosi riferimenti archivistici delle note, essa è indice di un lavoro approfondito ed esauriente.
FILIPPO RONCHI
ROBERTO MELCHJONDA, Firenze industriale nei suoi incerti albori. Le origini dell'associazionismo imprenditoriale cento anni fa: esplorazioni e materiali; Firenze, Le Mon-nier, 1988, in 8, pp. IX-452. L. 56.400.
Malgrado il titolo inconfondibilmente spadoliniano, e nonostante qualche conseguente struggimento e palpito di troppo per il buon tempo antico del sor Ubaldino e del marchese Ginori, questo volume è per più versi assai interessante, cosi nella novità ed originalità della prospettiva come nel ragionevole equilibrio dei risultati conseguiti.
Prospettiva, diciamolo subito, che fino ad oggi si sarebbe dovuta ritenere impercorribile e non disegnabile in alcun modo, stante non solo l'esiguità spesso agiografica, ancor più spesso unilaterale e distorta, della bibliografia relativa, ma soprattutto la negligenza archivistica impressionante degli stessi enti coinvolti in una storia tutt'altro che subalterna e secondaria, prima che l'Arno venisse a far giustizia con la falce ciecamente implacabile dell'alluvione (quella negligenza, però, quel rifiuto della memoria prima della dura assunzione di consapevolezza di classe all'indomani della grande guerra, debbono pur significare qualcosa).
I risultati, quanto ad essi, si fanno apprezzare obiettivamente per il semplice loro collocarsi lungo l'arco cronologico più delicato e sfuggente della Firenze otto-novecentesca, il quarantennio successivo alla perdita della capitale, con all'inizio la pagina nera del fallimento del Comune ed al termine la fascinosa primavera intellettuale culminata con la Voce prezzo! inian a, ma nei decenni intermedi un iter accidentato, faticoso, complessivamente modesto ma tutt'altro che trascurabile, con l'aristocrazia di sangue sempre prestigiosamente al potere cosi a Palazzo Vecchio come nella rappresentanza parlamentare, con quella del denaro e dell'iniziativa industriale che si fa le ossa occhieggiando successivamente a Crispi ed a Gioì itti, senza mal compromettersi a fondo col radicalismo e contro i calcolici, con un socialismo che nasce docile e dimesso nell'atmosfera paternalistica del tradizionalismo, per evolversi ben presto in forme tra le più pugnaci e risentite d'Italia.
Al centro di questi decenni, giusto un secolo fa, nel 1889, quando Ricasoli è morto e Peruzzi sta per andare ad irrigidirsi nel marmo, dirimpetto a lui, in piazza