Rassegna storica del Risorgimento

GARIBALDINI; NIEVO IPPOLITO
anno <1989>   pagina <546>
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Libri e periodici
interpretazioni soeio-economiche.
L'A. non fa eccezione alla regola, così nel misurarsi con questi pericoli, come nel condividere i pregi ormai assodati e scontati del metodo, l'uso larghissimo ed oculato della documentazione privata, l'assunzione della grande guerra come spartiacque irrinun-ziabile per il passaggio dall'Ottocento liberale alla società di massa, la funzione degli intellettuali a caratterizzare il momento Formativo ed il risvolto pedagogico di codesto spartiacque.
Volpe si presta benissimo ad un sondaggio del genere, sia nel passaggio dal medioevo all'età contemporanea che la guerra determina prepotentemente nei suoi interessi storiografici, con la risentita, obiettiva contaminazione politica che ciò comporta, sia alla luce di quel che rimane di continuum in codesto passaggio, il vitalismo collettivo, per dirla con una formula, il popolò, la gente, che fa scaturire la nazione italiana alle origini ed articola l'intelaiatura comunale cosi come, tanti secoli più tardi, dà vita all'emigrazione, rovescia Giolitti e riscatta Caporetto.
Questo vitalismo è tipico dell'epoca, da Bergson a Teodoro Roosevelt, e l'A. avrebbe fatto bene a tenerlo presente su piano politico e culturale internazionale, che è quello che affascinò, a dir poco, uno scienziato positivo non meno del Volpe, ma di lui assai più genuinamente politicizzato, come Nitti, anziché lanciarsi in un lungo chiaroscuro di dare e d'avere tra Volpe ed il nazionalismo italiano, il quale, al pari e più del fascismo, non si sa davvero se ci sia stato, o se non corrisponda piuttosto a tanti, diversi e differenziati stati d'animo , a cominciare da Corradini, col quale le affinità di Volpe sembrano più rimarchevoli.
Dal vitalismo al mito il passo è breve, anche senza dover scomodare il D'Annunzio barbarico della comune aprutinitas del vate e di Volpe, e soprattutto senza mettere in mezzo Sorel, l'eticità del cui mito è del tutto estranea al realpoliticismo ruvido e qualche volta brutale di Volpe, in ciò senza dubbio assai più vicino al neomachiavellismo delle crociane Pagine sulla guerra che non all'empito profetico di Gentile in Guerra e fede.
E tuttavia Volpe aderì prontamente al fascismo e condivise con larghezza la riforma Gentile anche nei suoi risvolti chiaramente elitari ed autoritari proprio perché, a differenza di Croce, si era compromesso a fondo con la guerra, ne aveva vissuto in prima persona la piattaforma propagandistica di massa alla Lombardo Radice ed alla Prezzo]ini <1'A. porta in merito una ricchissima documentazione), era assai vicino, insomma, per sentimento monarchico radicatissimo e per l'esperienza di massa della guerra, all'Italia di Vittorio Veneto che Mussolini affermava di portare al Quirinale.
Il popolo italiano, dunque, come protagonista, anche se con i savants quali burattinai, questo lo schema troppo legato alla guerra, e perciò destinato ad un rapido fallimento dinanzi allo Stato ed al partito, a Rocco e a Farinacci, che Volpe procura d'inserire, più gentilianamente di Gentile, si sarebbe tentati di éi*e>. nella: propria prospettiva personale di adesione al fascismo.
Da. ciò la sua emarginazione politica di fatto ma anche, non bisogna trascurarlo né dimenticarlo, al pari di Gentile, la sua permanente funzione di copertura culturale, di garante della continuità ideale e della legittimità storica, all'interno del regime.
L'attenzione alla politica estera, che lo aveva sempre avvicinato ai nazionalisti in termini espansionistici, ancora una volta, di vitalismo, di vigore nativo , permane durante il ventennio, e corregge obiettivamente i pericoli di provincialismo che lo strapaese o la romanità potevano diffondere nella cultura italiana.
Ma quella politica estera non è storia dell'Europa in Italia, storia del progressivo farsi europeo dell'Italia, e perciò della cultura e della diplomazia, ma soprattutto ancora e sempre storia degli italiani fuori d'Italia , del genio, della missione, e così via, col