Rassegna storica del Risorgimento
LAVORO DEI FANCIULLI LEGISLAZIONE 1886
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1990
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La legge sul lavoro dei janciulli
una legge? Osservazioni e proposte sul progetto di legge per regolare il lavoro delle donne e dei fanciulli, l'imprenditore di Schio rilevava sarcasticamente che la questione de' fanciulli è divenuta il caeterum censeo d'ogni mutar di luna per parte dell'onorevole Minghetti, a cui periodicamente l'onorevole Luzzatti si associa per provocare l'onorevole Cairoli w.83
modernizzare i macchinari ed attuare una politica doganale protezionista, ma anche creare degli operai disciplinati, egli si dedicò con energia all'inquadramento dei suoi dipendenti, cui garantiva una vita dignitosa in cambio di una collaborazione che evitasse tensioni sociali e scontri. Rossi non assegnava il salario sulla base di un contratto, perché preferiva avocarsi il diritto di decidere caso per caso la paga degli operai, mantenendo una rigida struttura gerarchica; in cambio offriva assistenza ai deboli e ai malati e permetteva l'accesso ai livelli alti della gerarchia professionale ai lavoratori più meritevoli . Realizzò una serie di servizi che si proponevano di rendere meno faticose le 12 ore lavorative giornaliere: asili, scuole, ospedali e anche un teatro chiamato Jacquard, come il telaio. I macchinari dello stabilimento Rossi, che erano all'avanguardia in Europa, contribuirono allo straordinario sviluppo della fabbrica di Schio. Nel lanificio, la manodopera femminile e minorile era largamente impiegata, ma i bambini piccoli delle operaie venivano ospitati in un asilo grande e ben attrezzato dove, assistiti e educati, restavano fino all'uscita delle mamme dalla fabbrica. Molta attenzione venne, in generale, dedicata dal Rossi all'istruzione. Egli aprì una scuola serale per gli adulti analfabeti ed una scuola industriale a Vicenza. Favori anche il sorgere di magazzini cooperativi, in grado di vendere generi alimentari a basso costo ai lavoratori. Grande aspirazione degli operai giunti a Schio dalle montagne vicine era quella di possedere una casa. Rossi le fece costruire appositamente per i suoi dipendenti, a cui le vendette con mutui molto agevolati. Le case, nel pieno rispetto della gerarchia di fabbrica, erano assegnate più o meno ampie a seconda della qualifica professionale di ciascun lavoratore. L'autoritarismo paternalistico di Rossi diede i risultati sperati: a differenza di altri opifici ancora legati ad un'attività stagionale, nella fabbrica di Schio si lavorava tutto l'anno senza interruzione. Nel 1879, Rossi poteva perfino erigere un monumento Ai suoi tessitori, sul quale erano riportate frasi come Uguali davanti al telaio e L'avvenire è dei popoli lavoratori. Ma quello che Rossi assolutamente non accettava era l'ingerenza dello Stato-tiranno nelle scelte degli imprenditori. Non stupisce, perciò, la sua netta opposizione alla legge per la tutela del lavoro dei fanciulli. Sulla complessa personalità di Rossi e sul significato della sua azione politica cfr. S. LANARO, Nazionalismo e ideologia del blocco corporativo-protezionista in Italia, in Ideologie, a. I, n. 2, 1967, pp. 51-93; G. ARE, op. cit., pp. 287-330; G. ROVERATO, La terza regione industriale, in Storia d'Italia. Le regioni dall'Unità ad oggi. Il Veneto, a cura di S. LANARO, Torino, 1984, pp. 170-172; L. AVAGLIANO, Alessandro Rossi e le origini dell'Italia industriale, Napoli, 1970; G. BAGLIONI, L'ideologia della borghesia industriale nell'Italia liberale, Torino, 1974, pp. 232-297.
85) A. Rossi, Perché una legge? Osservazioni e proposte sul progetto di legge per regolare il lavoro delle dorme e dei fanciulli, Firenze, 1880, p. Vili. La lunga, acre polemica tra Rossi e Luzzatti aveva avuto inizio fin dal Congresso degli economisti tenutosi a Milano nel 1875 ed il dissenso circa l'opportunità di una legge che tutelasse il lavoro minorile fini con l'assumere un valore, per cosi dire, simbolico. Ciò che opponeva i due era, in realtà, una diversa concezione dello sviluppo economico. Per Rossi il progresso era Incentrato sull'industrializzazione e, se tutti gli imprenditori avessero applicato nei loro stabilimenti gli stessi princìpi umanitari che egli metteva in pratica nel suo lanificio, l'azione dello Stato sarebbe risultata completamente inutile. Luzzatti, ovviamente, non era contrario allo sviluppo dell'industria, ma rappresentava un complesso intreccio di interessi agrari e finanziari (verso i quali si appuntavano le
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