Rassegna storica del Risorgimento

LAVORO DEI FANCIULLI LEGISLAZIONE 1886
anno <1990>   pagina <45>
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La legge sul lavoro dei fanciulli
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anche fra l'opposizione pentarchica , quando addirittura non si tramu­tava in aperta avversione. Tale era di caso de La Riforma, il foglio di Crispi, che definiva una platonica illusione l'idea di regolamentare il lavoro dei fanciulli mediante una legge. Il quotidiano riprendeva tutti i più vieti luoghi comuni sull'indispensabilità dell'impiego dei bambini nelle industrie e sulla incombente minaccia dello Stato-tiranno, facendo scen­dere in campo il nostro egregio amico commendator Ettore Friedlànder, direttore dell'Agenzia Stefani, autore di una nuova pubblicazione intitolata Il lavoro delle donne e dei fanciulli, una sorta di surnma di tutte le argomentazioni fino ad allora prodotte contro la legge. Essa veniva, quindi, giudicata da La Riforma inopportuna e dannosa . Se le adesioni al movimento umanitario non erano state poche, ciò dipendeva dal fatto che ormai in Italia si vìveva un momento di esaltazione per le cosiddette riforme sociali e si pensava a scimmiottare quel che fu fatto in altri paesi.197* La polemica condotta dalla Sinistra crispina continuò anche dopo l'approvazione della legge, considerata un errore che avrà le sue con­seguenze, e si estese praticamente a tutta la legislazione sociale, nuova causa di afflizione e miseria .l9s> I deputati, votando il progetto di legge Sul lavoro dei fanciulli, avevano frapposto altri ostacoli a quell'avvia­mento al lavoro, che in Italia invece si dovrebbe cercare di favorire in tutti i modi.199* Il disappunto de La Riforma era comunque mitigato dal­l'* intima persuasione di trovarsi dinanzi ad una legge destinata a rimanere lettera morta.200) Il giornale di Crispi si abbandonava, poi, ai toni melodrammatici, descrivendo i cenciosi fiammiferai che dai 5 ai
197) La Riforma, 9 febbraio 1886, p. 1 (Il lavoro dei fanciulli). Cr. anche E. FRIEDLÀNDER, // lavoro delle donne e dei fanciulli, Roma, 1886. L'avversione dei crispini per i progetti di legislazione sociale non era una novità. Già nel giugno 1884 Vincenzo Cordova Savini, barone siciliano rappresentante del secondo collegio di Catania e militante nelle file della Sinistra legata a Crispi, intervenendo in un dibattito alla Camera sulle riforme, presentava così l'opposizione del suo gruppo alla politica di Depretis: Voi forse colle vostre leggi sociali [...] accrescerete angustie e torture alle nascenti industrie del paese, alle poche città industriali del nostro Regno [...]. Le riforme sociali, in un paese eminentemente agricolo come l'Jtalia, debbono essere principalmente rivolte alla terra. Cosa abbiamo fatto noi per sciogliere dai molteplici vincoli feudali le terre italiane? Nulla. Cosa abbiamo fatto per emancipare i lavoranti di campagna, questi poveri agricoltori? . Lo Stato italiano, secondo Cordova Savini, aveva cominciato a commoversi per pochi lavoranti di città ed aveva elaborato le leggi sociali perché questi pochi lavoranti di città [...] servono da sgabello alle nostre ambizioni e fanno da comparsa nelle nostre commedie . Dovunque si faceva un gran parlare di società operaie, federazioni e fasci operai, ma dietro a quella facciata si trovava la realtà di una campagna incolta e deserta, di 17 milioni di lavoranti di campagna che ora fremono ed emigrano . La legislazione sociale avrebbe dovuto, quindi, presentare un complesso di riforme capaci di migliorare realmente la condizione di tutte le classi povere. Cfr. A. P., Camera, seta. 1882-1886, Discussioni, tornata del 22 giugno 1884, pp. 9238-9239.
w La Riforma, 9 febbraio 1886, p. 3 {Alla Camera).
M) La Riforma, 16 febbraio 1886, p. 1 (Le industrie del sabato).
200) Ibidem.