Rassegna storica del Risorgimento
LAVORO DEI FANCIULLI LEGISLAZIONE 1886
anno
<
1990
>
pagina
<
49
>
La legge sul lavoro dei fanciulli
tuito, appunto, dalla nuova legislazione sociale. La conseguenza di questo processo sarebbe stata l'espansione delle funzioni economiche dello Stato. Ci si trovava dinanzi, dunque, ad una particolare accezione del liberalismo, che rifiutava le rigide contrapposizioni di classe, il selezionismo spietato, per proporre, all'opposto, una solidarietà sociale fondata sulla presa di coscienza delle proprie responsabilità da parte delle classi colte ed abbienti. Un liberalismo capace di apprezzare e sostenere l'ascesa delle classi lavoratrici.212) A questa ipotesi, però, si opponeva tenacemente il blocco formato da industriali ed agrari settentrionali e dagli agrari meridionali, che trovò in Alessandro Rossi e Francesco Crispi due dei più autorevoli interpreti. Le critiche dell'imprenditore di Schio e dell'uomo politico siciliano alla Sinistra democratica ed a Luzzatti riemergono con evidenza anche durante l'acceso dibattito, in Parlamento e nel paese, sulla legge per la tutela del lavoro dei fanciulli. Essi, in pratica, accusano Berti, Luzzatti, Cairoli di voler dar vita ad un riformismo prematuro e dannoso, in grado soltanto di moltiplicare gli intralci sull'unica via da percorrere per rendere l'Italia ricca e potente: quella dell'industrializzazione forzata, rapida ed estesa. I progetti dei riformatori, secondo Rossi ed i seguaci di Crispi, nascono dalla mancanza di una diagnosi approfondita e realistica della situazione economica ed il solidarismo -proposto dai socialisti della cattedra ha alla sua base, in realtà, il timore dei nuovi scenari aperti dall'industrializzazione, quali lo sfrenamento dell'individualismo e della concorrenzialità cui fa da contraltare la rigida irrigimentazione gerarchica dei contrasti di classe.213)
Seguendo una prospettiva di ricerca più ampia, sarebbe interessante chiarire il ruolo di Giolitti, che per certi aspetti sembrò riprendere e portare a compimento le ipotesi della Sinistra democratica settentrionale. In questa sede non possiamo, per ragioni di spazio, andare oltre alcuni accenni. Per quanto riguarda l'argomento da noi trattato, due leggi del 1902 e del 1907 vietarono nell'industria l'attività dei bambini al di sotto dei 12 anni, esclusero le minorenni ed i maschi al di sotto dei 15 anni dai lavori pericolosi e insalubri, imposero restrizioni di orario per il lavoro notturno fino a sancirne il divieto totale per le donne, limitarono la giornata lavorativa a 11 ore per i ragazzi fra i 12 e i 15 anni. Se la politica di Giolitti da un lato rivelava una rinnovata sensibilità delle classi dirigenti verso le condizioni di vita dei piccoli operai, dall'altro confermava limiti alquanto evidenti. Il fatto che la legislazione sociale voluta dallo statista piemontese non avesse come contropartita misure antisocialiste nel quadro di una politica autoritaria, scatenò ancora una volta le forti e vittoriose resistenze degli interessi padronali e degli ambienti più conservatori in genere, resistenze favorite, del resto, dalla mancanza di una visione complessiva, da parte del governo, del problema dell'infanzia sfruttata e abbandonata a se stessa.214) La normativa rimase, dunque, spesso
212) cfr. G. ARE, op. eh., p. 266.
213) Cfr. G. ARE, op. cit. pp. 274 e 283.
2M) Cfr. A. AQUARONE, Tre capitoli sull'Italia gfoUtliana, Bologna, 1987, pp. 177-179 (ora in L'Italia gioliitiana, Bologna, 1989).
49