Rassegna storica del Risorgimento

ESULI ROMANI BRASILE 1837
anno <1990>   pagina <484>
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484 Salvatore Candido
e dovessero affrontare in Bahia condizioni di vita, per sé e per te loro famiglie, più. gravi di quelle che lamentavano in patria.
Noi ci chiediamo come mai il Calmon e gli altri membri del Diret­torio non avessero provveduto subito, una volta appresa la notizia del­l'imbarco a Genova di un così rilevante numero di coloni, a mettere sull'avviso le autorità diplomatiche brasiliane in Italia ed i loro agenti perché una siffatta iniziativa non fosse più ripetuta e fosse chiesto preven­tivamente il loro assenso per ogni impresa similare. Come mai il Direttorio, che non si era potuto riunire il 1 novembre 1836 per mancanza di quorum, veniva riconvocato dopo oltre 5 mesi ed in epoca in cui le sorti della Compagnia volgevano al peggio ed essa, dinanzi agli azionisti ed alla cittadinanza, appariva inadempiente alle attese? Altre domande si propongono circa la possibilità che fossero giunte lettere da Roma sul-l'arrivo imminente e che fosse ritenuto opportuno non darne notizia ai soci e circa il fatto che, il 22 aprile, giorno in cui giunse la nave da Civitavecchia sia il Direttore della Compagnia sia Don Romualdo Antonio de Seixas, arcivescovo per il Brasile e l'Angola con sede a Bahia, che figurava nella Società di Colonizzazione quale presidente, avessero lasciato la città e fossero a bordo di una nave che doveva portarli a Rio de Janeiro dove avrebbero dovuto partecipare ai lavori di quel Parlamento.
Come ileggiamo nella relazione che del viaggio e del primo soggiorno a Bahia fece il Cialdi, di cui diamo un riassunto ed i passi essenziali (doc. Ili), questi, che era latore di una lettera inviata all'arcivescovo dal card. Lam-bruschini, fece appena in tempo a raggiungere a bordo il presidente ed il direttore della Compagnia per sentirsi ripetere quanto aveva già udito in città che né il Ministro (il de Drumond) né il Savi non mai stati erano dalla Società autorizzati e che, per lo stato delle cose e per trovarsi fuori di Bahia non potevano far nulla per lui.
Neppure valse per conseguire d'interessamento dei membri del Diret­torio rimasti in città la mediazione del Presidente della Provincia,
Aveva, pertanto, inizio a Bahia e dintorni il primo e drammatico caso di abbandono di emigranti alla più misera sorte, caso che, purtroppo, si sarebbe ripetuto più volte nei decenni successivi a spese di emigranti ingaggiati in patria da speculatori privi di scrupoli. Ma stavolta non operavano speculatori privati ma dramatis personae erano due Governi implicati nel caso direttamente malgrado le ripetute proteste di estraneità che leggiamo nei documenti ufficiali dell'una e dell'altra parte: quello pontificio che aveva prestato fede, pur nell'abituale circospetta prudenza di quella diplomazia, alle reiterate asserzioni orali e scritte del de Drumond e quello brasiliano che avrebbe dovuto far fronte agli impegni ufficialmente assunti dal suo rappresentante in Roma e intervenire sul caso ben altri­menti che con la mediazione, risultata, per altro, inefficace, del Presidente della Provincia, come abbiamo detto. Come leggiamo nel dispaccio inviato, il 2 gennaio 1838, dal Fabbrini alla Segreteria di Stato in Roma (dov. VI), soltanto nel dicembre del 1837, cioè 8 mesi dopo l'arrivo dei coloni a Bahia, fu manifestata dal Governo brasiliano l'intenzione di dar dei vantaggi ai coloni purché essi si staccassero dai ribelli. Ma era troppo tardi.
Nel verbale della riunione del direttorio della Società sopraddetta, cui ci siamo oriferiti, vi è detto, anche, che per l'assistenza ai coloni