Rassegna storica del Risorgimento

ESULI ROMANI BRASILE 1837
anno <1990>   pagina <486>
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Salvatore Candido
pagni di viaggio, accusavano i deportati di aver provocato gli incendi essendone i promotori o i principali responsabili.
Sulla partecipazione italiana alla rivolta non sono stati finora reperiti negli archivi brasiliani, sia locali che nazionali, documenti di rilevante interesse, tanto che il de Azevedo, facendo eco a quanto aveva scritto il Lodolini a conclusione del saggio di questi, di cui riporta i punti essenziali, esprime l'augurio che successive ricerche in quegli archivi pos­sano arricchire di nuovi dati quelli di cui attualmente disponiamo sul­l'intervento dei coloni nella Sabinada.
Nelle sue ricerche, per altro, condotte nello Arquivo Publico do Estado di Bahia il de Azevedo ha reperito un dispaccio inviato, il 15 settembre 1838, al ministro della Guerra dal Presidente di quella Provincia, Antonio Pereira Barreto Pedroso, in cui questi comunica che erano stati imbarcati in quel porto, a bordo della nave da guerra Nicteroy in viaggio per Rio de Janeiro, più di cento ribelli ed aggiunge che fra essi trovavansi sette italiani, immigrati in Bahia, di cui fornisce i nomi: Paris Gherardi, Serafino Mongardini, Luigi Compagnoni, Luigi Raffuzi, Angelo Ravajoli; di due altri i nomi non sono stati decifrati. Detti nomi li troviamo sia nell'elenco dei reclusi partiti per il Brasile pubblicato dal Ghisalberti sia nell'elenco consegnato al Fabbrini dal conte Ney. Nell'elenco dei deportati passati ai ribelli, pubblicato dal Lodolini, leggiamo che i primi tre erano di Lugo di Romagna, il quarto di Faenza e l'ultimo di Ravenna, che il più anziano era il Ravajoli che andava sui 35 anni e i due più giovani sui 25, che i pcrìmi quattro erano condannati all'esilio a vita e l'ultimo fino al 1874.
Erano giovani che non speravano di poter rivedere il suolo natio e per cui qualunque vicenda che li liberasse dalla miseria poteva essere desiderabile. Purtroppo non si è verificato per essi quanto suole avvenire talvolta in casi siffatti: che cioè qualcuno avesse lasciato scritti o memorie o lettere o (testimonianze e ci fosse tramandato, pertanto, un ricordo meno arido e scarno di quelli di cui disponiamo su di una partecipazione e una presenza nella storia di quel Continente e di esse sia possibile accer­tare valori e contenuti politici. Per cui rimane in sospeso l'interrogativo: erano questi giovani consapevoli del significato della loro presenza nella rivolta? Erano, in effetti, mazziniani? Brano mossi, oltre che da conside­razioni di ordine contingente, anche da esigenze ideologiche e politiche?
4 Vi erano fra i deportati affiliati alla Giovine Italia?
Non possiamo escludere che qualcuno fra i deportati di Civita Castel­lana o fra i liberi che viaggiarono con loro avesse aderito in patria alla Giovine Italia di cui è nota la diffusione in Toscana, in Romagna ed in altre province degli Stati della Chiesa negli anni che seguirono alla spe­dizione in Savoia del 1833.
Non tutti i reclusi di Civita Castellana, infatti, come appare dagli elenchi fatti conoscere dal Giulini e pubblicati dal Ghisalberti, erano stati arrestati per avere partecipato ai moti del 1831; molti lo furono negli anni successivi. Ad es. dal V elenco al titolo Seconda reclusione politica