Rassegna storica del Risorgimento
SALMONA AURELIO CARTE
anno
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1991
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pagina
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497
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LIBRI E PERIODICI
FRANCO VALSECCHI, // riformismo borbonico in Italia, prefazione di Francesco Perfetti; Roma, Bonacci, 1990, in 8, pp. 196. L. 25.000.
Nella collana Storia e politica l'editore Bonacci ripropone in volume separato i capitoli dedicati da Valsecchi ai temi del riformismo borbonico a Napoli, in Sicilia e a Parma nell'ambito della sua famosa opera di sintesi sul Settecento italiano, la cui prima edizione risale all'ormai lontano 1959. Queste pagine sempre stimolanti, dense di agili riflessioni sulla natura e i limiti della stagione riformatrice settecentesca negli Stati borbonici della penisola, traggono la propria origine dagli studi condotti da Valsecchi, sin dagli anni Trenta, sull'assolutismo illuminato austriaco in Lombardia: come sottolinea Francesco Perfetti nella prefazione al volume, l'A. venne indotto a costituire, dal raffronto tra la dinastia asburgica e quella borbonica, un dato ineliminabile, in certo senso prioritario rispetto a qualsiasi discorso di ricostruzione, in dettaglio, delle fasi e degli sviluppi dell'azione di governo della seconda (p. 11). Se a Milano, e in minor misura a Firenze, il riformismo riesce a condurre in porto alcune fondamentali trasformazioni coinvolgenti sia la sfera politica sia quella economica e sociale, a Napoli e a Palermo collide invece contro formidabili resistenze al cambiamento che sorgono nei ceti e nelle categorie variamente privilegiate, talora in grado di suscitare la solidarietà di classi popolari urbane e rurali.
E proprio sul versante della diversa capacità ! e volontà del governo centrale di imporsi contro abusi e irrazionali privilegi dannosi al corpo sociale, di stabilire l'equanime imperio della legge dello Stato, anche a costo di por mano a strumenti coercitivi, che l'A. pare cogliere il seguo distintivo più ragguardevole della diversità nell'azione di rinnovamento dispiegata dalle dinastie asburgica e borbonica: il riformismo dei sovrani napoletani nel Settecento non è mai realmente sorretto da una sincera e profonda adesione all'ideologia modernizzante del secolo, da un organico progetto di risistemazione delle strutture dello Stato e della società. Tale adesione non si realizza neppure durante il regno di Ferdinando IV e di Maria Carolina che, d'altro canto, vede fiorire una splendida generazione di intellettuali illuminati ed anche di coraggiosi politici, come Domenico Caracciolo fortemente motivala sul piano teorico: proprio il distacco tra le forze vive dell'intellettualità meridionale e il potere, distacco che non riesce ad essere mediato dal ministro Tanucci (legato al tradizionale regalismo antiromano e assolutistico più che alle istanze culturali del suo tempo), impedisce il compimento delle riforme elaborate ed auspicate.