Rassegna storica del Risorgimento

SALMONA AURELIO CARTE
anno <1991>   pagina <525>
immagine non disponibile

. Libri e periodici 525
dei decreti da presentarsi alla firma reale e di ogni documento da darsi alle slampe (compiti che di 11 a poco sarebbero stati sensibilmente ampliati, fino ad assumere il significato non solo di supervisione e di controllo sull'attività dell'intero ministero, ma anche delle decisioni di più ampia portata politica e amministrativa); e contemporanea­mente fu incaricato di verificare l'opera di ristrutturazione delle questure del Regno, fatta eccezione per quelle di Sicilia e di Sardegna. L'intelligente ed apprezzata opera da lui svolta in quel periodo indusse Crispi a ricredersi sul suo conto, a rivedere certi negativi giudizi del recente passato ed a promuoverlo, il 27 gennaio 1890, al grado di ispettore generale del ministero.
Non mancarono, negli atteggiamenti assunti in quegli anni da Annaratone, contrad­dizioni e incertezze di vario genere, puntualmente rilevate da Pacifici. Ma erano incertezze e contraddizioni almeno in parte finalizzate ad una lucida e precisa strategia: quella di percorrere fino in fondo la strada della carriera amministrativa, da sempre al centro delle sue aspirazioni, non importa se ciò avesse richiesto, come di fatto talvolta richiese, un uso disinvolto e in qualche caso anche spregiudicato delle potenti amicizie politiche, che il susseguirsi degli avvenimenti e l'evolversi della situazione gli permisero di allacciare e di coltivare. Ad Annaratone, insomma, la politica e i politici interessavano solo fino ad un certo punto e solo nella misura in cui potevano toccare o favorire la sua carriera nei ruoli amministrativi dello Stato. Ciò spiega perché, pur di mantenersi in ottimi rapporti con Crispi (con il quale, assicura Pacifici, si trovò in perfetta sintonia anche sui piano politico: vedi, ad esempio, la lotta all'irredentismo), egli si mettesse talvolta in antitesi con lo stesso Zanardelli; e spiega soprattutto perché, caduto nel 1891 Crispi ed esauritasi di lì ad un anno la breve parentesi del primo governo di Rudinì, egli non disdegnasse di cercare i favori e la protezione dell'astro emergente della politica italiana: di quelTanticrispino Giovanni Giolitti, che nel 1892 varò il suo primo ministero, sostenuto da amici del centro-sinistra e della sinistra, tra cui Zanardelli, allora impegnato su di una linea di deciso accantonamento del trasfor­mismo e di creazione di una nuova sinistra.
Con Giolitti al potere, la posizione di Annaratone si rafforzò decisamente. Il 29 giu­gno del 1892 fu nominato prefetto di Brescia, diventando in tal modo un importante elemento di collegamento tra Zanardelli e Giolitti, come dimostra la vicenda che portò, nel novembre del 1892, lo statista bresciano alla presidenza della Camera. La crisi della Banca Romana (che coinvolse, sia pure indirettamente, anche Annaratone) riportò al potere Crispi, e per il prefetto di Brescia, a motivo della sua vicinanza a Giolitti e a Zanardelli, si aprì un periodo decisamente difficile. Attaccato dalla stampa antizanardel-liana e, soprattutto, ritenuto da Crispi un ostacolo alla sua politica di apertura al Vaticano, fu trasferito alla lontana sede di Girgenti (provincia dalle condizioni le meno favorevoli, secondo la Giunta Jacini, e, a giudizio di Francesco Paternostro, prefetto di quel capoluogo dall'agosto del 1886 all'agosto del 1887, la più difficile e più demoralizzata provincia dello Stato ), dove rimase fino all'ottobre del 1895, allorché ottenne di essere destinato alla prefettura di Novara.
Nel capoluogo piemontese Annaratone rimase fino al dicembre del 1896. Accusato da di Rudinì, che dall'aprile di quello stesso anno aveva rilevato Crispi alla guida dell'esecutivo, di eccessive preoccupazioni legalitarie e di ingiustificate tenerezze nei confronti dei socialisti 'locali, venne mandato a reggere la prefettura di Parma, dove i partiti costituzionali apparivano in crisi e all'indolenza dei monarchici faceva riscontra la vivacità e l'attivismo dei partiti estremi. Lo scoppio dei disordini del maggio 1898, ai quali non fu estranea la provincia parmense, indusse di Rudinì a scaricare sul suoi rappresentanti periferici colpe e responsabilità che, almeno in larga parte, erano