Rassegna storica del Risorgimento

SALMONA AURELIO CARTE
anno <1991>   pagina <527>
immagine non disponibile

Libri e periodici 527
l'affermazione degli ideali giolittiani, primo fra tutti, per dirla con Spadolini, quello di difendere tutte le libertà e insieme di combattere ogni attentato alle istituzioni, ogni scivolamento verso gli opposti estremismi.
Per il suo operato, Annaratone si guadagnò consensi e critiche, talvolta anche aspre. Tra queste ultime, quelle di Gaetano Salvemini, che in occasione delle elezioni svoltesi nell'aprile del 1910 nei collegio di Albano (elezioni ripetute dopo quelle, annul­late, del luglio 1909) accusò pesantemente di parzialità il prefetto di Roma.
La caduta di Giolitti e l'avvento dell'antigiolittiano Salandra segnarono la fine della carriera amministrativa di Annaratone, che venne bruscamente collocato a riposo. Nel lasciare il suo ufficio, il 1 agosto 1914, il prefetto senatore scrisse al nuovo capo dell'esecutivo una dignitosa e insieme risentita lettera nella quale affermò che non vi era bisogno che Ella trattasse con tanta durezza e villania me e la mia famiglia: era l'ultimo atto di una carriera lunga e movimentata, ricca di risvolti interessanti e per tanti aspetti esemplare, nel bene e nel male, nelle coerenze e nelle contraddizioni. La sua vita sarebbe stata ancora turbata da un processo discusso all'Alta Corte di Giustizia del Senato per i suoi rapporti con Bolo Pascià durante la prima guerra mondiale.
In alcune dense e meditate pagine conclusive, certamente le più riuscite del libro, Pacifici traccia un bilancio dell'impegno politico-amministrativo di Angelo Anna­ratone, mettendone felicemente in evidenza pregi e difetti, aspetti positivi e negativi. Da quelle pagine, come del resto da tutto il volume, viene fuori l'immagine di un uomo che inizialmente, pur di farsi largo nel difficile mondo della pubblica ammini­strazione, cerca appoggi in ogni ambiente politico e professa idee talvolta anche apertamente contradditorie; e che successivamente, da prefetto, si lega stabilmente e fedelmente a Giolitti e a Zanardelli, condividendone le fortune e le sfortune politiche, e subendone le relative conseguenze. Non c'è dubbio, dunque, che Annaratone, pur essendo un prefetto amministrativo , fu soprattutto un prefetto gioì itti ano e zanardelliano , un uomo, come a ragione nota Pacifici, di ' partito ' o di ' schiera­mento ' , prima ancora che un funzionario investito di una delicata funzione di rappresentanza e di garanzia . Viene tuttavia da domandarsi se la indubbia e talvolta marcata distanza che lo separò da altri influenti leaders politici del tempo non debba essere in qualche modo attenuata, almeno in alcuni casi: mi riferisco a Nicotera (di Annaratone nicoterino parlava il senatore Cefaly in una lettera a Giolitti del 1917), ma penso soprattutto al primo Crispi. Non fu il dittatore siciliano a volerlo vicino a sé nell'importante Ufficio 1 del Gabinetto e a nominarlo poi, per i meriti acquisiti in quell'Ufficio, ispettore generale? E non condivise Annaratone la politica antirreden-tistìca di Crispi, mettendosi con ciò in contrasto, come opportunamente nota Pacifici., con l'amico e protettore Zanardelli?
Mi pare che giustamente Pacifici prenda le distanze da taluni storici che hanno parlato di prefettocrazia , sottolineando il ruolo sempre e comunque subordinato e puramente esecutivo dei prefetti rispetto al potere centrale, e negando a questi ultimi ogni benché minimo spazio se non proprio per autonome decisioni, almeno per personali e più o meno libere interpretazioni delle direttive arrivate da Roma: il caso di Annaratone e soprattutto quello di prefetti come Giannetto Cavasola (che si misurò con Crispi in un vero e proprio braccio di ferro al tempo dei fatti siciliani) mostrano quanto più articolata sia la realtà e non sempre fondati certi giudizi assoluti e gene­ralizzanti. Credo anche che sia in tutto da condividere l'affermazione di Pacifici secondo cui studiare e comprendere dall'interno la classe prefettizia significa contribuire alla comprensione del ceto burocratico e dei suoi collegamenti con il ceto politico,