Rassegna storica del Risorgimento
SALMONA AURELIO CARTE
anno
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1991
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pagina
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547
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Libri e periodici 547
raggiungere i suoi scopi ed il dibattito che coinvolse governi, partiti, imprenditori e pubblicisti. Egli approfondì, quindi, lo studio degli aspetti tecnici dell'anuninistrazione dei territori africani (opere pubbliche, creazione di codici e leggi organiche per le colonie, rapporti con l'indigenato). Questo lo portò a recuperare tutta una letteratura specifica in merito e, per mettere ancor meglio a fuoco i contenuti reali del colonialismo italiano, lo storico indagò approfonditamente anche sul comportamento dei protagonisti in carne ed ossa di quello stesso colonialismo.
Rigore filologico, sensibilità e curiosità culturale, disponibilità al dialogo caratterizzarono, lo stile di lavoro di Alberto Aquarone. Pure quando si trattò di ricorrere ad una documentazione d'archivio (Carte Ferdinando Martini, Carte Primo Levi, Archivio storico del soppresso ministero dell'Africa italiana, ecc.), le fonti non furono mai utilizzate a fini di mera erudizione, bensì -divennero il punto di forza di una interpretazione storica dal taglio ben preciso. Noi non ci sentiremmo di affermare che il minuzioso recupero di dati fosse compiuto da Aquarone non a sostegno di una tesi predeterminata, ma soltanto per la ricostruzione della verità storica dei fatti. Si potrebbe qui aprire un discorso generale ed impegnativo sulla questione della storia come scienza e della sua presunta oggettività. Comunque, possiamo dire che Aquarone fu storico di parte, né del resto cercò mai di nasconderlo. Gli articoli raccolti nel volume, curato con grande competenza da Ludovica de Courten, contengono, in questo senso interessanti spunti di riflessione. Non è un caso che il primo saggio (La ricerca di una politica coloniale dopo Adua. Speranze e delusioni fra politica ed economia) si apra con una serrata critica all'interpretazione gramsciana dell'imperialismo italiano. Per Aquarone era inaccettabile la visione dell'espansionismo coloniale come fenomeno caratterizzato dalla manipolazione dell'emotività di massa in funzione dell'egemonia borghese sulle classi subalterne, in quanto egli sosteneva che chi dice opinione pubblica dice in sostanza [...] stati d'animo, convincimenti, speranze e timori, rispecchianti molto spesso più quell'aggregato indefinito che si suol denominare * clima dell'epoca ', ' spirito dei tempi j [...] che non un determinato e ben preciso rapporto fra base economica e sovrastruttura politico-ideologica (p, 42).
Ma la categoria che distingue l'intera impostazione aquaroniana è quella che potremmo definire del realismo politico. Nel bruciante contesto delle competizioni internazionali che caratterizzarono il nuovo clima imperialistico riteneva Aquarone non esistevano possibilità di scelta per il nostro paese. Dopo Adua, la via più logica da seguire era amministrare con prudente saggezza i territori occupati, senza farsi eccessive illusioni sul loro valore intrinseco (p. 72). Se l'Italia intendeva assumere un ruolo importante a livello mondiale, perfino l'Eritrea e la Somalia dovevano essere conservate e difese più che altro come fiore all'occhiello, considerato di rigore per chi vuole continuare a indossare l'abito di grande potenza (p. 254). I due possedimenti africani acquistavano rilevanza, insomma, come simbolo dì status, come conferma del rango e della vocazione di grande potenza dell'Italia, come affermazione di vitalità nazionale (p. 73). Proprio per questo ad Aquarone piaceva la figura di Ferdinando Martini, il quale, nella sua qualità di governatore civile dell'Eritrea dal 1897 al 1905, aveva se non altro provato a riorganizzarne i servizi amministrativi, che versavano in uno stato di deplorevole confusione, dando vita ad un programma di raccoglimento, preoccupato di salvare al pace con l'imperatore Menelik e con le popolazioni locali e di non esasperare ulteriormente l'opinione pubblica antiafricanista.
Ciò che colpisce di più, rileggendo a distanza di anni questi saggi, è il pessimismo, quasi una sorta di cupo fatalismo, che li contraddistingue. All'interno di una politica borghese non esistevano, secondo Aquarone, alternative. Chi scrive ebbe modo di frequentare i corsi da lui tenuti all'Università La Sapienza di Roma e ricorda come fossero nettamente negativi i suoi giudizi sulle mani nette del governo