Rassegna storica del Risorgimento
MARCHETTI GIOVANNI; STATO PONTIFICIO POLITICA ESTERA 1848
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1992
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Giovanni Marchetti 15
l'Orioli parve da subito l'incaricato d'affari a Lucerna, mons. Giuseppe Bovieri, il quale sul finir di maggio, scrivendo all'Orioli, confermò la sua fedeltà al S. Padre, ma nello stesso tempo dichiarava di non poter essere infedele al Sig. Ministro degli Affari esteri secolari, nominato dal pontefice. Mons. Bovieri faceva pure rilevare all'Orioli che non si poteva parlare di violenze esercitate sul pontefice quando tali atti non erano stati pubblicati, cioè resi di pubblica ragione, e nello stesso tempo egli non si riteneva disimpegnato nei confronti del Marchetti, poiché il Ministero [aveva] il titolo almeno colorato ad essere tenuto per vero Ministero, ed esigere l'obbedienza da suoi subalterni.1
Sono due casi, quelli riferiti or ora, indicativi alquanto di un comportamento diffuso tra i legati pontifici all'estero, almeno tra coloro che in Francia, nei Paesi Bassi o negli Stati tedeschi, erano a più diretto contatto con mondi nei quali i principi di libertà e di democrazia avevano raggiunto proprio in quella primavera del '48 significati più. compiuti.
È d'obbligo aggiungere che i modi di fare dell'Orioli, seguiti tal quali dal successore, card. Soglia, nella presunzione di avere come risultato una diplomazia quantomai asservita al pontefice e svincolata da ogni possibilità di controllo da parte del ministero laico, portarono diritti al clamoroso incidente dell'intercettamento della lettera di Pio IX diretta all'inviato a Vienna, il card. Monchini, contenente le istruzioni sul modo di condurre le trattative con l'Imperatore. Tali trattative dovevano restar segrete, anche al governo laico, ma divennero di pubblico dominio allorché la lettera fu intercettata in Lombardia e pubblicata da Mazzini svùl'Jtalia del popolo del 30 giugno '48. Per essere certi di tutelarne la segretezza la lettera era stata fatta passare per le mani di mons. Antonucci, nunzio a Torino, e dalla sede piemontese la missiva era partita regolarmente per finire poi in mani non fidate ed essere rivelata.15)
La presenza dell'Antonucci in questo triste affare ci permette di verificare la doppiezza del personaggio che da un lato si dichiarava fido interprete degli ordini impartiti da Marchetti e dall'altro era pronto a svelarne le intenzioni ed anche a venir meno ai suoi obblighi. Non si sa infatti come altrimenti giudicare un Antonucci che il 19 maggio scriveva al Marchetti per congratularsi dell'avvenuta nomina, assicurandogli ampia collaborazione, e lo stesso prelato che a Torino presso quelle autorità governative non seppe mai insistere a dovere, sottomettendosi più facilmente alle direttive della Segreteria di Stato. Marchetti s'aspettava che Antonucci agisse con scaltrezza nei confronti di re Carlo Alberto e del suo ministro degli esteri, il marchese Lorenzo Pareto, perché essi manifestassero il vero interesse per giungere alla firma di un trattato per la lega politica tra Torino e Roma.1*)
M) A.S.V., Segreterìa di Stalo, cit, lettera da Lucerna dèi 24 moggio 1848; v. anche MARTINA, op. cit., p. 542.
J5> SPELI.ANZON, op. cìt,, pp. 69-70; FARINI, op. cit., p. 244.
tè) A.S.V., Segreteria di Stato, rub. 31, anno 1848, fg. 156, lettera dell'Antonucci del 19 maggio 1848. Sulle relazioni tra Torino e Roma nel 1848 cfr. La diplomazia del Regno di Sardegna durante la prima guerra d'indipendenza, voi. II, Relazioni con lo Stato Pontificio (marzo 1848-luglio 1849), a cura di C. BAUDI DI VESMB, Torino, 1951, pp. 151-152.