Rassegna storica del Risorgimento
REPUBBLICA NAPOLETANA 1799
anno
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1992
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pagina
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37
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Libri e periodici 37
Altri nodi sono quello della libertà di opinione e di stampa, quello della conciliazione tra la legge civile e la legge canonica a proposito della celebrazione civile del matrimonio. Gaetano Giudici, che sarà a lungo amico di Alessandro Manzoni, si avventura nel tentativo di presentare la Costituzione cisalpina sotto una luce favorevole, togliendo alle leggi che ne dipendono ogni interpretazione anticattolica; il già citato Palmieri tenta la difficile operazione di conciliare il diritto sociale col diritto religioso cercando di dimostrare la ragionevolezza ed amabilità di quella Religione che è stata tradita ogni volta che gli uomini hanno abusato nel di lei nome, delle di lei massime .
Torna in primo piano in questi scritti la consueta aspirazione ad una religione ricondotta alla purezza ed al rigore che caratterizzarono la Chiesa delle origini. Come scrive Pietro Paolo Baccini, un genovese trapiantato a Roma, la religione soltanto è il mezzo valevole ad unire le menti ed i cuori dei cittadini e soltanto la religione cattolica è in grado di ispirare ai cittadini quella fermezza e costanza che è indispensabilmente necessaria nella democrazia perché regger possa . Lo stesso Baccini tuttavia aggiunge che questa stessa religione necessita di una riforma della sua disciplina, che ormai più non si riconosce. E auspica il ritorno alla legge evangelica, la lotta contro le superstizioni, la vita dei sacerdoti riportata a quella dei tempi apostolici, ribadendo i temi sui quali avevano tanto insistito i giansenisti che si erano sentiti incoraggiati, a cominciare da Scipione de' Ricci, dai principi riformatori: allora vedremo combacciarsi la Religione e la Democrazia e reciprocamente sostenersi. In tal modo, il miglior democratico quello sarà che sarà buon cattolico .
Al di là dell'intento propagandistico che P. P. Baccini esplicitamente si prefigge, sembra che questa conclusione, pur nel suo intenzionale semplicismo, prepari alle fiduciose parole che il card. Chiaramonti rivolgerà ai suoi fedeli di Imola in quell'omelia del Natale 1797, che favorirà la sua ascesa al soglio di Pietro: La Religione cattolica sia l'oggetto più prezioso del vostro cuore, della vostra divozione e di ogni vostro sentimento. Non crediate che ella si opponga alla forma del governo democratico. In questo stato vivendo uniti al vostro divin Salvatore, potete concepire giusta fiducia dell'eterna salute, potete sperare la felicità temporale di voi stessi e dei vostri simili e procurare la gloria della repubblica e delle autorità costituite [...]. Sì, miei cari fratelli, siate buoni cristiani e sarete ottimi democratici .
L'accenno all'omelia del card. Chiaramonti sposta il discorso sugli interventi della gerarchia, ossia sul capitolo delle pastorali democratiche, sulle pressioni più o meno palesi che i vescovi dovettero subire perché le scrivessero e sulla sincerità dei loro contenuti, quello che Bernard Plongeron considera il tono apparentemente giacobino che traspare da alcune pagine.
Nella presente raccolta Giumella propone la lettura di alcune tra le pastorali più significative del triennio, ponendo in risalto il disorientamento dei vescovi di fronte alle novità ed alle pressioni. Soltanto in pochi casi, come quello appunto del cardinale Chiaramonti, è dato trovarsi di fronte a elevate e caute considerazioni ; sono pochi i vescovi che riescono a superare le circostanze senza compromessi e distorsioni. Queste 'lettere , nota GiunIella, non costituiscono un apporto positivo al dibattito cattolico-democratico, anche se qualcuno dei vescovi mostra la consapevolezza di una nuova stagione della cristianità, che si sta annunciando nella sofferenza del presente .
Non ci si può evidentemente aspettare dai vescovi una disinvoltura dialettica pari allo slancio che ispirano le riflessioni dei cattolici democratici: nell'esaltazione della religione amica della democrazia e nell'esecrazione del dispotismo aristocratico che le repubbliche hanno abbattuto alzando gli alberi della libertà li trattengono forse la preoccupazione di mantenere ben saldi i legami con Roma e il timore dì una collusione con le tesi gianseniste a lungo avversate, oltre alla consapevolezza di una responsabilità pastorale che conferisce un peso particolare alle loro parole.