Rassegna storica del Risorgimento

ASSOLUTISMO ILLUMINATO ITALIA; RIFORMISMO ITALIA; STORIOGRAFIA
anno <1992>   pagina <163>
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Riformismo e assolutismo illuminato 163
le limitazioni tradizionalmente imposte alle minoranze etniche e religiose contribuendo così a rendere più vivace e ricca la vita economica.
Significativo appare il confronto tra la situazione di Trieste e quella del principato vescovile di Trento dove la politica assolutistica degli Asburgo trovava un ostacolo solidissimo nella configurazione dei rapporti quasi paritari tra l'ordinamento trentino e l'impero, che si iscrivevano ancora in pieno Settecento in una tipologia medievale. La natura eccle­siastica del principato e la lunga serie di antiche norme impedirono fino alla secolarizzazione del 1803 l'inserimento organico di quei territori nella struttura statale austriaca, sicché l'autonomia trentina riuscì ad essere salvaguardata dalle pressioni esercitate dagli Asburgo nel corso dei secoli.
Per molto tempo la storiografia riguardante il Trentino ha concen­trato la sua attenzione sul periodo del concilio e su quello risorgimentale, sottovalutando l'età dei lumi che appena di recente ha iniziato a divenire oggetto di ricerche più approfondite.34) Da queste sta emergendo come le istanze riformistiche di alcuni principi vescovi siano state costantemente frustrate dalle antiche oligarchie del patriziato cittadino e dall'aristocrazia feudale che, sulla base di privilegi e statuti vanificavano ogni tentativo di modernizzazione. Le tendenze assolutistiche viennesi, miranti ad armo­nizzare l'assetto trentino con l'evoluzione istituzionale austriaca, frenate dall'autonomismo locale, non riuscirono se non molto marginalmente e a fatica ad intaccare il sistema vigente, come dimostra la contrastata introduzione del catasto, realizzata solo nel 1779 e, soprattutto, la vicenda dell'applicazione del regolamento giudiziario giuseppino il cui testo, dopo essere stato sensibilmente modificato ad opera del Barbacovi, non potè essere applicato nella pretura di Trento a causa della opposizione delle forze conservatrici. Il principato vescovile mantenne così, in campo giuridico, sociale ed economico, la sua impalcatura antiquata e vivamente contestata dagli intellettuali più aperti, fino all'avvento di Napoleone che la scardinò d'autorità, come residuo di un mondo ormai finito.
Più agevole fu l'imposizione della strategia assolutista in Toscana che dal 1737 era divenuta possesso personale di Francesco Stefano di Lorena restando indipendente, sul piano formale, dal governo di Vienna ma in pratica entrando nell'orbita del riformismo asburgico. Gli studiosi moderni, sulla scia di ricerche pubblicate all'inizio del secolo,35) hanno evidenziato come la vasta opera di svecchiamento dell'antiquato ed arti­gianale sistema ereditato dai Medici, intrapresa fino dal periodo della reggenza attraverso il risanamento del sistema finanziario, la razionalizza­zione dell'apparato amministrativo, il ridimensionamento delle prerogative ecclesiastiche, sia giunta a maturazione solo sotto la guida di Pietro
34) AA.VV., // Trentino nel Settecento fra Sacro Romano Impero e antichi Stati italiani, a cura di C. MOZZARELLI e G. OLMI, Bologna, 1985.
35) A. ANZILOTTI, Decentramento amministrativo e riforma municipale in Toscana sotto Pietro Leopoldo, Firenze, 1910; Io., Le riforme in Toscana nella seconda metà del secolo XV1I1. Il nuovo ceto dirigente e la sua preparazione intellettuale, in ID., Movimenti e contrasti per l'unità italiana, a cura di L. Russo, Bari, 1930, pp. 69 sgg.