Rassegna storica del Risorgimento
PAVIA (PROVINCIA) RIFORMA 1794
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1992
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173
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L'istituto provinciale a Pavia 173
di casati per la maggior parte con poco censo, avevano indotto il governo giuseppino a fare alcune concessioni speciali; queste si erano peraltro rivelate contradditorie sia rispetto alla politica di Giuseppe II nel suo complesso, sia rispetto all'ammissione di esponenti della borghesia negli organi provinciali da lui voluta nel Pavese proprio per arginare l'influenza del patriziato.
Il malcontento contro il regime vigente è pertanto assai diffuso. Ben presto alla protesta dei milanesi si associano alcuni possessori pavesi, i quali hanno un ulteriore motivo di conflitto con l'oligarchia della città. Quasi cristallizzata nell'ordinamento che si è data a metà del Cinquecento, questa non ammette nuovi elementi al proprio interno e quindi alle cariche civiche. Fa scandalo in Pavia che un corpo di n. 33 delli quali estimati v'è la metà apena, abbia ad appropriarsi tutte le prerogative e facoltà, lamenta Giuseppe Vitali Rizzi, membro della Congregazione generale degli estimati.13) Feudatario di Villanterio, dove ha una parte del suo vasto patrimonio e una bella villa in cui trascorre il periodo estivo, mentre per il resto dell'anno vive in città nella signorile casa in piazza Borromeo, questi aspira da tempo ad entrare a far parte del decurionato, anche perché ritiene di appartenere al casato Rizzi, incluso nell'antico catalogo.14)
Non appena viene a conoscenza deU'iniziativa dei possessori milanesi, Giuseppe Vitali Rizzi prende con essi contatto per unificare le istanze dei due gruppi, divenendo d'ora in poi portavoce degli estimati pavesi e loro tramite presso i colleghi di Milano. In particolare egli tiene i rapporti con Benedetto Arese Lucini e Pompeo Latta; ed è proprio la corrispondenza con questi personaggi a consentire una ricostruzione seppure parziale delle vicende della provincia di Pavia all'inizio dell'ultimo decennio del Settecento.15)
1 Cfr. lettera di Giuseppe Vitali Rizzi a Benedetto Arese Lucini, 25 agosto 1791, in ASCP, Archivio Meriggi, e. 158. Si tenga presente che la città di Pavia fonda il proprio governo sugli ordinamenti promulgati da Carlo V 1*11 maggio 1549, i quali comprendevano una sorta di albo d'oro delle famiglie patrizie ammesse alle cariche civiche in numero di 168. Copie delle diverse edizioni di tali ordinamenti si trovano in ASCP, Archivio comunale, e. 455. A più riprese, fin dalla metà del Cinquecento, le famiglie nobili o comunque abbienti escluse hanno tentato di aprirsi un varco nel sistema oligarchico cittadino, fallendo inesorabilmente. Ultimo di questi tentativi degno di nota rispetto al periodo qui considerato è quello del 1707 analizzato da ANNAGIULIA CAVAGNA, // bonum patriae e l'ascesa al decurionato, in Bollettino della Società Pavese di "Storia Patria, Pavia, 1984, a. LXXXIV, nuova serie, pp. 89-103.
W) del 1773 la richiesta di Giuseppe Vitali Rizzi che la sua famiglia sia riportata nel catalogo delle nobili, in ASCP, Archivio Meriggi, e. E, fascicolo 989.
J5) il giorno stesso in cui viene inviata dai possessori milanesi la prima supplica al sovrano, Benedetto Arese Lucini, che evidentemente è stato avvicinato giorni prima dal Vitali Rizzi nei corridoi della Congregazione generale degli estimati, gli scrive di aver riflettuto sui discorsi fatti insieme e in particolare sul punto della cessazione di molte prerogative che a tenore della Riforma censuaria dovrebbero spettare alla Congregazione generale degli estimati e oggi attribuite al Consiglio, composto per la maggior