Rassegna storica del Risorgimento

FESTE CIVILI ROMA 1846-1848
anno <1992>   pagina <317>
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Le leste civili a Roma 1846-1848
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il cardinale rivelava come il Papa dinanzi al prorompere sempre più impetuoso delle manifestazioni domandasse a ciascheduno di tornare nell'esercizio delle sue funzioni , chiedendo alle autorità maggiore parsi­monia nel concedere permessi per la celebrazione di nuove feste . Le manifestazioni però non cessarono, anzi divennero oggetto di dibattito e di interesse politico nazionale: scriveva Giuseppe Mazzini pochi giorni dopo la circolare del Gizzi: Nei grandi paesi si deve andare alla rigenerazione per mezzo del popolo; nel nostro per mezzo dei principi [...] profittate delle minime concessioni per riunire le masse [...]; feste, balli, canti e raduni, [...] bastano a far nascere delle idee e dare al popolo il sentimento della sua forza .6>. Il partito nazionale tentava di dilatare il fenomeno delle feste anche al di fuori dello Stato pontifìcio. Giuseppe Montanelli osservava: Coll'acclamazione a Pio IX [...] richiamavamo gli italiani tutti a guardare verso Roma; entravamo pacificamente in una via di manifestazioni pubbliche, che i governanti non potevano avver­sare [...]; persuaso come io era che se avessimo lasciato consumare dentro le frontiere dello Stato romano l'entusiasmo dell'amnistia, avremmo spez­zato una leva di nazionale consenso [...] mi diedi ogni cura per convertire il grido del Quirinale in grido d'Italia e fare di Pio IX il simbolo della fratellanza [...]. Il primo atto col quale la Toscana annodò al nome di Pio LX l'idea nazionale, fu la sottoscrizione per gli amnistiati indigenti dello Stato romano p L'ondata di emotività seguita al decreto di amnistia offriva dunque ai propugnatori dell'unità nazionale una concreta possi­bilità d'azione. Occorreva però stabilire un collegamento tra gli intel­lettuali e le masse popolari meno politicizzate, spesso analfabete. Tra queste e quelli era quindi necessaria la presenza di un intermediario: a Roma questa funzione di mediazione e di diffusione fu svolta emble­maticamente da Ciceruacchio.
L'onnipresente animatore di tutte le feste romane era un popolano che proficuamente svolgeva la sua attività di trasportatore e distributore di vino, un lavoro redditizio e tenuto in quei tempi in grande conside­razione. La sua cultura poteva essere allora considerata discreta, in quanto aveva imparato a leggere, ma non a scrivere, nelle scuole degli ignorane telli dei Padri Carissimi. Ciceruacchio aveva alle spalle significative espe­rienze politiche: nel 1830 era stato iscritto alla Carboneria e nel 1833 aveva dato l'adesione alla Giovine Italia. La notorietà del capo rione crebbe di molto durante l'epidemia di colera che colpì la città nel 1837. In quell'occasione Angelo Brunetti si distinse nell'organizzazione dei soc-
5) GIUSEPPE SPADA, Storia della rivoluzione romana, Firenze, 1868, voi. I, p. 102. La circolare diramata dal Gizzi è esplicita: Gli atti del nuovo Pontefice Pio IX, nostro clementissimo Sovrano, sono stati tali da far conoscere quanto sia colma la misura della letizia [.]. Per le esposte cagioni egli vuole che debbano cessare queste dimostrazioni dispendiose, procurando di tornare ciascuno nelle sue funzioni [...]. V.S.L.L., vorrà pertanto farsi premura di far conoscere pubblicamente queste intenzioni del Santo Padre.
6) L'Osservatore di Ginevra, Ginevra, 16 ottobre 1846.
7) GIUSEPPE MONTANELLI, Memorie sull'Italia specialmente sulla Toscana dal 1814 al 1849, Torino, 1853, voi. I, p. 181.