Rassegna storica del Risorgimento

ARCHIVIO DI STATO DI ROMA FONDI DELLA PREFETTURA; LAZIO SINDACI
anno <1992>   pagina <383>
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LIBRI E PERIODICI
ROBERTO BERAROI, L'istruzione della donna in Piemonte. Dall'assolutismo dinastico al cesarismo napoleonico (Biblioteca di storia italiana recente, n. s.f voi. XXIV); Torino, Deputazione subalpina di storia patria, 1991, in 8, pp. 322. L. 45.000.
La ricerca storica sta conducendo da diversi anni l'esplorazione delle aree umane culturalmente e socialmente più marginali ed incomprese che non hanno avuto modo di tramandare documenti diretti e tangibili del proprio agire, sia nella sfera privata e familiare sia in quella collettiva, e in questo genere di studi la condizione femminile occupa un posto di rilievo. Questo contributo di Roberto Berardi si propone di gettare un fascio di luce sul mondo della donna piemontese, tra gli ultimi decenni dell'antico regime e l'età napoleonica, indagato dall'angolo visuale del problema del­l'istruzione formale. Se il maggiore limite oggettivo, di questo come di analoghi studi, consiste nel silenzio quasi impenetrabile della realtà che si intende mettere a fuoco delle donne dei ceti alti e medi e ancor più, ovviamente, delle classi popolari è comunque possibile operare una ricostruzione metodologicamente corretta ed attendibile che utilizzi al meglio i documenti ufficiali, le testimonianze e le riflessioni teoriche provenienti dall'universo maschile.
L'istruzione elementare della donna non costituiva oggetto d'interesse nel dibattito intellettuale del Piemonte settecentesco e nell'attività del governo sabaudo, eppure l'A. è riuscito a fornire un quadro della situazione rigoroso grazie ad un uso sapiente delle fonti d'archivio, soprattutto per il periodo in cui il Piemonte fu incorporato nello Stato francese. Ciò che importa rilevare particolarmente nei risultati della ricerca è il rinvenimento di una sostanziale continuità conservatrice nella cultura della classe dirigente, tra gli ultimi decenni del Settecento e l'età napoleonica, riguardo ai temi dell'istruzione delle fanciulle e delle adolescenti e, più in generale, della funzione della donna nella società. Anche nella breve stagione giacobina piemontese del 1798-1799, allorché venne alla luce il contrasto tra il moderatismo del governo parigino e il radicalismo dei repubblicani subalpini, non si pose mano seriamente alla questione dell'istruzione femminile semplicemente perché, sostiene l'A., tale questione rimase sostanzialmente ai margini degli interessi degli uomini che fecero la Rivoluzione (p. 145). La cultura illuministica in Piemonte era rimasta circoscritta a pochi intellettuali senza propagarsi tra la nobiltà e la borghesia ancora povera di peso sociale o negli ambienti di corte: le istanze razionalistiche e riformistiche erano rimaste quasi sempre compresse dall'imperante conformismo religioso che concorreva a perpetuare la condizione di minorità della donna, inasprita negli strati più bassi della società dalle privazioni materiali che si aggiungevano ai pregiudizi. Nel settore educativo lo Stato sabaudo non si curava dell'istruzione delle fanciulle, a qualsiasi ceto appartenessero <p. 47) rimettendola alle congregazioni monastiche femminili e alla privata iniziativa delle famiglie benestanti che potevano permettersi la spesa di numerosi precettori. A tal proposito bisogna sottolineare l'accuratezza della ricostruzione compiuta dall'A. del funzionamento del sistema educativo dei conventi praticanti l'educandato femminile