Rassegna storica del Risorgimento
ARCHIVIO DI STATO DI ROMA FONDI DELLA PREFETTURA; LAZIO SINDACI
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1992
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388
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388 Libri e periodici
dissoluzione dell'Antico Regime e nella preparazione intellettuale della Rivoluzione?, Quale fu il ruolo della massoneria nella fase iniziale della Rivoluzione, quella che culminò nella presa della Bastiglia? , Quale fu il ruolo della massoneria nel consolidamento della Rivoluzione? , pp. 13-14), retaggio di un testo pensato ai fini di una pubblica lettura e non destinato, almeno originariamente, alle stampe, va in ogni caso sottolineato un certo pressapochismo emergente sia dalle pagine iniziali, laddove l'A., presentando i tre filoni storiografici cui sono a suo awiso riconducibili tutti gli studi sulla Massoneria, si dimentica di specificare in quali contenuti si differenzi la prima scuola di pensiero dalle altre due: Il primo filone è costituito da quella che per comodità potremmo definire * storiografia laica * (cioè né cattolica né massonica). Citiamo alcuni nomi: Aulard, Mathiez, Lefebvre, Soboul (p. 8).
L'opuscolo è un susseguirsi di superficialità e banalità, difficilmente accettabili anche per un testo che si dichiari (ma non è questo il caso divulgativo: Che cosa spingeva molti francesi ad entrare in loggia? Certo, alcuni erano attratti dal gusto del mistero assicurato da un enigmatico ritualismo; altri da semplice vanità, sollecitata dai titoli altisonanti conferiti dai gradi massonici; altri ancora per combattere la noia e magari spillare qualche quattrino; qualcuno perché, in buona fede, era convinto della nobiltà degli ideali che venivano proclamati.
Ma i più entravano in loggia per gli scopi che in senso lato possiamo definire politici* (p. 11), il che non giova, com'è ovvio, alla causa peraltro discutibile perorata dal Mattogno.
VINCENZO FANNINI
FRANCESCO LOMONACO, Rapporto al cittadino Carnot. Dall'illusione alla denuncia: la rivoluzione napoletana del 1799, a cura di GIOVANNI G. LIBERTAZZI; Venosa, Edizioni Osanna, 1991, in 8, pp. 132. L. 13.000.
Si può ben dire che il Rapporto del Lomonaco sia un classico nella letteratura del 1799 nel Mezzogiorno d'Italia; concepito, e forse avviato, durante il viaggio che porta per mare a Marsiglia gli scampati al crollo della repubblica napoletana, è una testimonianza viva, ancora sanguinolenta, della tragedia consumata per mettere in Napoli la tirannia a galla sul sangue di mezza generazione.
Francesco Lomonaco è patriota e letterato materano, vissuto tra il 1772 ed il 1810 al centro di avvenimenti travagliati, esule egregio , come annota il Manzoni nel sonetto a lui dedicato, elemento di punta del giacobinismo napoletano sfuggito alla reazione borbonica, amico di Foscolo e maestro del fratello Giulio, autore dei Discorsi letterari e filosofici, l'opera uscita nel 1809 al cenuro di un dibattito politico-culturale intenso e messa al bando perché in antitesi netta ai principi del governo e della politica .
Giustamente è stato annotato che lo studio del Rapporto al cittadino Carnot, insieme alla imprescindibile lettura del Seggio sulla rivoluzione napoletana del 1799 del molisano Vincenzo Cuoco, si pone al centro degli approfondimenti sul rapporto tra storia del Mezzogiorno ed intellettuali meridionali; ma non vanno assolutamente sottovalutati gli apporti ohe l'opera del Lomonaco dà alla cultura italiana in genere ed a quella lombarda in ispecie. Del resto è lo stesso Manzoni che lo asserisce nell'intervista pubblicata postuma nel Corriere della sera del 12-13 ottobre 1876: Il povero Lomonaco era ardente, affettuoso, veramente meridionale; ...] era un uomo di talento, come tutti gli emigrati napoletani del 1799. Quella emigrazione concorse alla coltura in Lombardia. Non conoscevamo quasi il Vico, e furono gli emigrati napoletani che ce lo fecero