Rassegna storica del Risorgimento

ARCHIVIO DI STATO DI ROMA FONDI DELLA PREFETTURA; LAZIO SINDACI
anno <1992>   pagina <390>
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Libri e periodici
mazziniani, più repubblicani del loro Maestro: così nel Congresso di Roma del 1871 quando votarono per la più assoluta intransigenza repubblicana, finendo per impedire all'associazionismo quella funzione di progresso unitario dei lavoratori nel campo della politica come dell'economia, che da sempre aveva auspicato il Maestro. La pregiudiziale politica toglieva, infatti, credibilità al concreto impegno economico delle società di ispirazione mazziniana (p. 37).
Vincenzo G. Pacifici, Movimento democratico e rappresentanza parlamentare, incentra il suo discorso prevalentemente sulla genesi e sugli effetti della legge elettorale del 1882, che in Umbria, ad esempio, non ne sortì di significativi per i limiti di una presenza democratica, viva ed operante quanto si vuole, ma sempre circoscritta e definita, fatta da militanti e non segnata da alcun leader di fama nazionale (p. 53); mentre Francesca Taddei, Movimento democratico e questione operaia, riprende da una diversa ottica le problematiche affrontate nei primi due contributi di questo volume. Richiamando le suggestive pagine di Hobsbawm sulla società capitalistica europea del secolo scorso, e sottolineando come l'Italia dell'ultimò ventennio non fosse ancora parte integrante di quel grandioso scenario (p. 57), questa studiosa ha ripercorso rapidamente ma con incisività le fasi del passaggio all'interno del movimento operaio dal socialismo pre-marxista a quello marxista, che in Italia si diffonde sotto forma di una specie di sincretismo culturale, venato di utopia ed assieme di positivismo, carico di tutti i possibili echi di ogni 'deviazionismo' (p. 58).
Roberto Balzani, Il problema dell'istruzione nel movimento democratico, ha affrontato un tema divenuto classico per la nostra storiografia degli ultimi anni, quello dell'istruzione elementare, seguendo il dibattito in Italia dalla legge Coppino del 1877 a quella Daneo-Credaro del 1911. Un ruolo di punta intorno a questo problema giocò la democrazia radicale <in particolare col repubblicano Ubaldo Comandini), tesa a promuovere una legislazione più avanzata, che avesse come fine centrale l'uomo, colto attraverso le sue illusioni, le sue scelte, la sua inesauribile capacità di progredire (p. 72).
Di una certa originalità il contributo di Alessandro Marabottini, Qualche conside­razione sugli artisti democratici in Italia dalla Restaurazione ai primi decenni dell'Unità nazionale, che affronta in poche ma dense pagine un tema in gran parte ancora da esplorare con criteri propri della disciplina storica tradizionale (un approccio diverso, insomma, rispetto allo storico-letterario o storico-artistico): l'artista italiano della prima metà dell'Ottocento impegnato sul terreno politico e ideologico e proiettato spesso in prima linea nelle grandi battaglie civili, cessando di essere strumento passivo del-Vestablishment. Certo, ricorda Marabottini, l'Italia non è la Francia, nazione consolidata da più secoli, che in epoca romantica ha nei Delacroix e nei Courbet i corifei della democrazia e della repubblica. Nel nostro paese il problema precipuo è quello del­l'Unità nazionale, e l'impegno degli artisti italiani, soprattutto tra le due guerre d'indi­pendenza nazionale, è rivolto essenzialmente verso questo obiettivo. Dopo l'Unità, però, anche nel nostro paese prevalgono in maniera dirompente i temi sociali, che si può dire hanno nel Quarto Stato di Pel lizza da Volpedo certo non l'unica ma la più celebrata (nei nostri tempi) manifestazione artistica.
Il saggio di Romano Ugolini, Caratteristiche del movimento democratico in Umbria nel perìodo preunitario, apre la serie d'interventi volti a verificare sulla regione che ha ospitato i due convegni l'intensità e la penetrazione di quella temperie culturale e politica sotto il segno della democrazia che ha costituito tanta parte della vita civile del nostro paese nell'Ottocento. Dalla disamina di Ugolini, che ripercorre sinteticamente il periodo a cavallo dei secoli XVIII-X1X, rispetto alle altre regioni della penisola ci appare un'Umbria alquanto statica dal punto di vista politico e sociale, dove soprattutto a partire dal periodo rivoluzionarlo sino all'Unità, la contrapposizione ideologica tra forze moderatamente innovatrici, affiliate soprattutto alla Massoneria e alla Carboneria, e forze conservatrici e reazionarie, entrambe espressioni di precisi blocchi sociali, era