Rassegna storica del Risorgimento
ARCHIVIO DI STATO DI ROMA FONDI DELLA PREFETTURA; LAZIO SINDACI
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1992
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395
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Libri e periodici 395
governato da un papa, Gregorio XVI, che, nel 1832, condannò nell'ordine: la libertà di coscienza, la libertà di pensiero e la libertà di stampa. Da qui l'insofferenza contro il malgoverno pontificio, caratterizzato dalla confusione tra potere religioso e potere civile, da incapacità amministrativa, da ottusità poliziesca e da una grande inerzia sociale e politica. Bozzi ricorda, riprendendolo dal Bonazzi, che quando nel 1841 il papa visitò il capoluogo umbro, un drappello di giovani rampolli arrivò ad implorare di trascinare la carrozza papale lungo il corso principale della città.
Nei primi anni del pontificato di Pio IX-, suscitatore di entusiasmi e speranze che saranno tuttavia presto deluse, a Perugia è vescovo il Pecci, che Bonazzi definisce moderato e prudente: un giudizio, osserva Bozzi, non condiviso da chi, sulla base della documentazione storica, riscopre oggi un Pecci tenace avversario del liberalismo e del massonismo così presenti nell'Ottocento perugino e ne denuncia il conservatorismo intransigente e la durezza repressiva .
È del dicembre 1847 il primo documento della partecipazione di Vecchi alla vita politica, con la sua nomina a sergente della Guardia civica; nel novembre dell'anno successivo egli parlò al Circolo popolare di Perugia <sorto nell'agosto precedente) per chiedere che il governo di Roma si unisse alla guerra contro l'Austria. Il mese seguente assistette al discorso fatto da Garibaldi dal balcone di casa Baldeschi, discorso che lo colpì dirà in modo indelebile. Durante le vicende della Repubblica Romana, egli ebbe un ruolo di organizzazione, di informazione e di raccordo, ruolo che mantenne, d'altronde, per il resto della sua vita politica.
Nel decennio preunitario egli fu il punto di riferimento dei circa trecento mazziniani che gravitavano nella città di Perugia, e basterebbe questo particolare non secondario a smentire quanto scrivono ogni tanto storici un po' distratti, secondo i quali a Perugia l'idea di Repubblica non sarebbe stata poi così sentita dalla popolazione. A questi storici (un po' distratti e un po' reazionari) si potrebbe ricordare l'entusiasmo con il quale una folla incredibile prese parte alla demolizione della Rocca paolina, odiato simbolo della dominazione papale.
Vecchi fu anche in corrispondenza con Giuseppe Mazzini ed entrò in contatto con Luigi Pianciani, che si trovava in esilio all'estero. Era in contatto anche con Giovanni Pennacchi, anch'egli esule, il quale lo sollecitava, nel 1859, a procurare soldati ma anche a scrivere opuscoli perché, egli diceva, l'opinione pubblica è l'unica sovrana dell'epoca. Del resto, come si sa, anche Mazzini dava alla propaganda un'importanza pari a quella delle armi.
Non è un profilo agiografico quello di Bozzi, pur se pervaso da indubbia simpatia e rispetto per il personaggio studiato. Egli non manca infatti di sottolineare alcune insufficienze del Partito d'azione e un certo ruolo subalterno dei demooratici umbri rispetto al costituzionali monarchici. Nel 1860, osserva Bozzi, Perugia fu liberata dall'esercito piemontese e non da una sollevazione popolare. È vero; ma questo vale per tutta l'Italia centrale; e poi, Perugia si era sollevata l'anno precedente, con le conseguenze che tutti conosciamo: uccisioni, distruzioni, esilio per molti patrioti. Anche il Vecchi dovette fuggire, prima in Toscana e Liguria e poi a Torino: qui si dedicò al lavoro, al collegamento politico e ad attività umanitarie.
Dai 1860 al 1880 egli fu praticamente il capo dell'opposizione democratica a Perugia, in stretto collegamento con il Fabretti e con il Pianciani. Ma soprattutto, fu guida morale di una nuova generazione che si affacciava allora alla vita politica: una generazione di repubblicani, ma anche di futuri radicali, socialisti e anarchici. Fu il più strenuo sostenitore delle candidature al Parlamento di Ariodante Fabretti; tentativi a lungo falliti, secondo Bozzi, per la incapacità di legare le rivendicazioni storiche del Partito d'azione ad un concreto progetto di trasformazione sociale. Il che è indubbiamente vero; ma io aggiungerei anche l'handicap non secondario di un sistema elettorale con un suffragio ristrettissimo che penalizzava i ceti popolari e artigiani: quel popolo, diceva ad