Rassegna storica del Risorgimento

ARCHIVIO DI STATO DI ROMA FONDI DELLA PREFETTURA; LAZIO SINDACI
anno <1992>   pagina <406>
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406 Libri e periodici
In realtà si è semplicemente riproposto all'attenzione di un pubblico di non addetti ai lavori un episodio riletto nell'ottica di polemiche attuali estranee ad una serena valutazione scientifica. Per gli studiosi non sono emersi da tempo rilevanti fatti nuovi. Su di una pubblicazione forse interessante dal punto di vista giornalistico e divulgativo ogni giudizio critico è fuori di luogo.
Da tempo un processo al Risorgimento che nasce dalla passione politica e da problemi attuali è in atto in molte sedi, dalla letteratura al cinema. Non ci si colloca, per una serena comprensione dei fatti, senza cercare assoluzioni né condanne, nella realtà del tempo per cogliere le ragioni di quanto è avvenuto.
Nel quadro di una polemica sui torti veri e presunti dello Stato italiano e sui problemi insoluti del Mezzogiorno, si è voluto aprire un procedimento penale nei riguardi di Nino Bixio, figura certamente non immune da difetti di carattere, ed uomo notoriamente duro e perentorio nelle sue azioni e nel suo linguaggio. Quel Bixio di cui Emilia Moerlli ci ha dato un penetrante profilo che emerge dalla pubblicazione dell'epistolario. Sulla traccia di una cattiva storia che addebita alle radici risorgimentali i mali del presente, il garibaldino è imputato come principale responsabile di una giustizia sommaria che dopo i gravi fatti di sangue di Bronte ha colpito ingiustamente Nicolò Lombardo. Costui, antiborbonico e liberale sensibile alla miseria e al profondo disagio sociale delle masse contadine, ha perso il controllo di una rivolta popolare sanguinosa ed ha pagato incolpevole vittima sacrificale per l'eccidio. Nel volume si sottolinea la drammatica situazione della popolazione delle campagne della Ducea di Nelson, che giustifica in qualche modo l'esplosione d'ira popolare; si ammette tuttavia che, incapace di dominare i gravissimi disordini, Lombardo è ormai un idealista sconfitto, non più dalla parte del diritto.
Bixio, di cui è nota la contrarietà ad un compito di ripristiniare l'ordine in una situazione estremamente delicata, in una fase di guerra e di tensioni politiche inteme ed esterne, è un soldato e come tale non esita: e l'errore giudiziario da lui non personalmente commesso lo coinvolge in una polemica dolorosa.
Per gli storici, il discorso è scontato; per i profani, è comunque interessante il responso di una commissione di giuristi convocata dal sindaco di Bronte per un regolare processo sul fatto.
In proposito, si individuano responsabilità complesse, e si sottolineano l'estrema miseria dei contadini, le ingiustizie, il disagio sociale e la sordità dell'autorità politica. La sentenza del 9 agosto 1860 è ingiusta sul piano del merito e su quello processuale, ma la responsabilità diretta ricade esclusivamente sui giudici che hanno emanato la sentenza. Bixio, non colpevole, è accusato tuttavia di grave imprudenza, e censurato per il suo comportamento di eccessiva ed ingiustificata durezza. Il garibaldino genovese appare dunque con i suoi limiti, mai posti in discussione, ma esente personalmente da colpe infamanti, in quella che egli stesso ha poi definito missione maledetta.
Noi ripetiamo con Emilia Morelli, chiamata a regolare il dibattito: in quanto studiosi di storia, non possiamo fare processi. Il nostro mestiere ci porta ad esaminare Ì fatti, a spiegarli nel loro divenire, nelle loro cause e nelle loro conseguenze, senza pregiudizi. Non vogliamo soprattutto immettere nel passato preoccupazioni del presente, giudicare, cioè, alla luce di una realtà completamente diversa sia dal punto di vista politico sia da quello sociale. La cosa non è facile, ne convengo, soprattutto perché bisogna individuare quei problemi che oggi potrebbero essere preminenti, ma non lo erano un secolo fa, così come allora peroccupavano situazioni che oggi ci fanno sorridere .
È questo, espresso con grande chiarezza, il criterio di valutazione dei fatti.
BIANCA MONTALE